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Che bella cosa! Che bella cosa vedere una band che indurisce il proprio sound e libera il motore a molla della propria lavatrice, il programma è sul noise, ma il risciacquo è, come per i lavori precedenti, di melodico e sognante pop. Il fatto è che qui c’è più centrifuga. E ciò non può che essere un bene.
Finalmente la voce è meno in primo piano rispetto ai lavori precedenti e meglio integrata nelle chitarre, che hanno decisamente più spazio, e nelle buona sessione ritmica. La struttura compositiva dei brani si fa più libera e le sterzate radiofoniche e pop sono fortunatamente più limitate. Si respira finalmente un po’ di ossigeno e l’aria è buona e fresca. Un appunto sulla voce Stefano Locatelli, infatti quando si cimenta nell’urlo e su un terreno scabro e ruvido fornisce performance decisamente migliori (vedi “sigaretta serale sul balcone”, brano davvero deliziosamente ‘storto’ al punto giusto) rispetto al cantato pulito, dagli ammiccamenti radiofonici, evidentemente lontani dalle corde della sua musa migliore.
Ma il disco non si spegne subito e con svizzera rossa ribadisce il concetto dell’opener acute mountain sickness (davvero notevole) ricordandomi a tratti il sapore dei Thirty ought Six, con le differenze del caso, ovvero dei vocals (purtroppo) meno audaci e più ‘regolari’ rispetto alla band americana.
Indaco è una ballata indie bellissima e malinconica, preziosamente intessuta di chitarre ispirate sulla trama non convenzionale di un cantato, questa volta, perfettamente a fuoco.
Style: non ci siamo, il brano sembra fare un passo indietro, in nome di una presunta e facile orecchiabilità rock, e una coda dilatata di chitarre armonici e fischi non basta a salvare il brano più debole del disco.
Fortunatamente agro o dolce? già dalle prime note alza di nuovo il tiro e, se non fa centro, almeno colpisce il bersaglio. Come sempre molto belle le partiture di chitarra.
Mr. Fantastico esplode punk come si deve, e lascia all’ascoltatore il compito di scoprire nel testo i rimandi al bel mondo della politica.
E si arriva a Fomne melodica chiusura con assolo stile santana forse evitabile, ma niente male.
Un ultimo appunto sui testi in italiano, che non brillano certo per perizia letteraria, ma fanno il loro dovere ben inseriti come sono nel tessuto sonoro, e che in ogni caso riescono meno naif rispetto a quelli dei lavori precedenti: intendiamoci, non fanno gridare al miracolo, ma anche qui si registra una crescita.
Questo probabilmente è il disco più maturo e raffinato della band, non dice certo nulla di nuovo nel panorama del rock nostrano, ma si fa apprezzare per la cura strumentale e per la ricerca strutturale e compositiva da parte di una band che evidentemente più preme sull’accaleratore e più dimostra di avere personalità e stile.
Bailamme Generale va senz’altro a costituire per i ‘nostri’ una solida base di partenza per ulteriori (e auspicabili) slanci in avanti e future accelerazioni nel territorio del rumore. E noi aspettiamo fiduciosi. Buon lavoro Gea!