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A tre anni dal pesantissimo Chateauvallon tornano i Chevreuil, duo francese dedito ad una specie di math rock suonato da agricoltori e virato verso una sorta di modello heavy me(n)tal che più volte aveva tentato di lambire le coste del suono Tool. Tornano con un disco decisamente più personale tanto di lasciare a casa ogni sorta di paragone: i Chevreuil sono i Chevreuil, quelli che hanno il chitarrista con quattro amplificatori, quelli con la batteria metronomica da un suono soltanto, quelli che il registro non lo cambiano neanche dietro minaccia, quelli granitici e intellettuali. Un tedio assurdo, in effetti. Un macigno pesantissimo di ritmiche incrociate a synth – la novità del disco se non teniamo conto dell’inasprire della fruibilità (ah no, è vero! si chiama “mettere a fuoco l’attitudine math rock!”) e di Jamie Stewart sull’ultima traccia – che non riescono ad andare da nessuna parte nonostante i continui richiami a gente come Storm And Stress che decisamente erano su un altro pianeta. Probabilmente più di uno apprezzerà l’uniformità di suono dei Chevreuil, probabilmente loro stessi ne fanno il marchio di fabbrica, ancora più probabile sarà l’attenzione spostata verso dinamiche un tantino più varie e l’uso del synth, ma qui l’ascolto di questo disco è un gioco-forza di sbadigli.