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Questi trascurati provinciali, cresciuti lontani dal progresso, tra la polvere dei cortili e a pane e vernacolo, covano una contraddizione interiore che puntualmente gli fa vivere gli anni della maturità inquietamente, tra il desiderio di fuga e la fierezza delle proprie radici. Di sicuro una considerazione poco illuminante e alquanto ordinaria, ma se si valuta che non si fa altro che documentare quanto sia ormai vuota la gioventù oggi giorno, annoiata e poco propositiva, allora è giusto rischiare di cadere nella banalità, iniziando col mandare al diavolo i vari Muccino e compagni e osservando attentamente che, al contrario, ‘sti giovani di paese hanno creatività da vendere e una notevole dose di aggressiva introspezione. Valentina è proprio questo, l’intrepida giovane donna di provincia che, fiera e battagliera, se ne frega di quanto sia complicato sfondare nel mondo della musica…. italiana, e con estrema genuinità ci racconta il suo di mondo, a colpi di un rock semplice semplice, a volte troppo melodico, ma particolarmente efficace. Una Consoli senza lagne o una Dolcenera senza urla di disperazione, che ai primi ascolti ti fa sorridere e intenerire mentre un attimo dopo ti cattura e ti fa urlare a squarciagola quei ritornelli che invece inizialmente sembravano così immaturi e scontati. A volte dolciastra e malinconicamente pop, a volte acida e insolente, senza tenersi un cece in bocca, sputa il suo disgusto contro quella critica che con estrema superficialità osanna il niente perché molto meno pericoloso. Valentina effettivamente non scopre niente di particolarmente nuovo a livello sonoro, seppur perfettamente arrangiato, ma la sua freschezza risiede proprio in questa sua onestà compositiva. Semplice e lineare ma capace di ammutolire anche il più perfido degli ascoltatori.