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Quando Angelica Sauprel Scutti mi ha consegnato questo disco mi ha chiesto tra il serio e il non di trovarne una definizione.
Se parlassi di electropop probabilmente a tutti verrebbe in mente qualcosa di gioiosamente elettronico da orecchiare senza troppa attenzione, e non invece una serie di ballate che si infilano più o meno nell’alveo delle cantautoresse della nostra generazione (Cristina Donà, Ginevra di Marco, e Andrea Mirò) e che fanno dell’intensità di un letto di synth e di partiture rock al minimo dell’invasività la loro qualità più spiccata e con la manopola tutta spostata sui bassi.
Se parlassi di rock elettronico certamente riscatterei la brava Angelica dal rognoso equivoco di essere considerata una cantautrice, offrendole il riconoscimento di un’ispirazione certamente ruvida, noir e oscura che più si addice (nel senso di addicted) al mondo della roccia e del rullo, ma certamente passerei l’idea di un lavoro tutto spostato sulle chitarre, quando invece queste compaiono mai spesso, comunque sempre al punto giusto.
Se parlassi di ambient penso che lei stessa mi tirerebbe dietro un sampietrino, e farebbe bene, perché è vero che l’elettronica qui dentro c’è ed è suadente, lenta spesso, in giri, rigiri ed anelli, in particolare nelle intro e su basi che si inabissano montando poi le strutture del rock, in particolare nelle linee della chitarra basso. Ma questa non è musica che metterei in una sala di decompressione di un qualche lounge bar, magari ci aprirei la serata, ecco. A volte mi ha fatto pensare che sarebbe perfetta per i titoli di coda di un film di Salvatores, di quelli con Sergio Rubini, carichi di donne livide ma intense, di denti rotti, di sangue su cui ridere su, di spazi freddi dove splendono storie caldissime, condensa al mattino che esce dalla bocca svegliandosi dentro una macchina al confine di un qualche deserto della provincia italiana. E molto, molto freddo.
Piacerebbe a volte vedere Angelica alle prese con la fiamma, mettere a fuoco (nel senso di appiccarlo), spettinarsi e rompere con una certa compostezza d’insieme che a dire il vero irrigidisce un po’ il lavoro. E dico questo perché si sente che ne ha bisogno e perché si sente che può e che è ad un passo dal farlo, ma non lo fa mai, non lo fa ancora. Ma la modestia è una dote in disuso, e fa piacere trovarla qua e là, soprattutto se la sostanza c’è, l’eleganza di sapersi misurare e sapere misurarsi i passi, di dosare e levare, levare più che mettere. E un brano come “Init” non passa inosservato, e nemmeno “Par Avion”, cara Angelica, perché mostra una maturità non indifferente.
Unica cosa: ‘Allumettes’ sarebbe stato un ottimo titolo per il disco, no?
Autore: Fabio Rezzola
Avevo assai apprezzato il single ‘In una città’ di Angelica Sauprel Scutti, ed ero pressoché certo che il suo full length sarebbe stato un buon disco, ma la cantautrice romana mi ha puntualmente smentito… con un debut eccezionale. Angelica ha mantenuto quanto di buono ci aveva presentato nel single aumentando tocchi di classe e sperimentalismi, ma senza per questo venir meno all’emotività e all’immediatezza che ce l’avevano fatta apprezzare. Alla vena cantautoriale la nostra aggiunge suggestioni psichedeliche e trip-hop che per alcuni versi mi hanno ricordato gli ultimi, ottimi lavori dei The Gathering e soprattutto le suggestive canzoni della regina Lisa Germano. Ma questo è a tutti gli effetti l’album di Angelica Scutti, cantautrice talentuosa che è già riuscita a formarsi uno stile proprio e una personalità matura.
‘Pomeriggi Similabissali’ è un album che rifugge stereotipi e sterili definizioni, il definitivo atto d’amore di Angelica nei confronti della musica. Quattordici pezzi figli di un’intensa introspezione e di molteplici viaggi nel mondo del sé e del sogno, che riescono a toccarci nel profondo senza mai venirci a noia e lasciandoci in ogni caso qualcosa, fosse anche solo il piacere di essersi goduti un bel disco.
Romantica, sognante, criptica e ricercata, questa è Angelica Scutti e voi siete invitati a scoprirla in questi ‘Pomeriggi Similabissali’. Non resterete delusi.