Disco Drive: Very Disco Drive

Roma, 30 settembre, ultima data dei Disco Drive per il What’s wrong with you people tour. “Un tour Lungo 2 anni”, precisano loro, ma che, in un certo senso, c’è sempre stato, da ben 5 anni a questa parte, ed ha toccato le maggiori location d’Europa per poi ritornare in Italia per le ultime date. Anni di live che hanno fatto crescere una band già matura (forse non era maturo il pubblico per loro, ma questo è un altro discorso), attraverso evoluzioni, cambiamenti, e un tocco di sperimentazione metrica/sonora sempre più presente. Il concerto che per molti potrebbe essere definito come la conclusione di un’era è invece l’assaggio di una nuova partenza. L’assenza di Pomini, l’innesto di nuove percussioni, il primo piano delle batterie su tutti gli altri strumenti, I 4/4 che si sgretolano e si ricompongono tra I tempi in levare tipici del funk e I ritmi serrati del punk. Lo show proposto è breve ma intenso. Si vede che I disco Drive sono un po’ provati da tutte queste date, ma allo stesso tempo non si può mostrare interesse per le nuove sperimentazioni che stanno costruendo. Le code percussive di molte canzoni sembrano riportare ad un inaspettato tocco shoegazer che dona e sempbra essere la carta giusta per I nuovi lavori: i brani si dilatano fino a squarciarsi, l’intreccio di voci che si rincorre, la ricerca del suono particolare tra cowbell, china sui rullanti ed alter “trovate” rende il set ricco di sfumature. Non mancano I momenti in cui I Disco Drive tornano ad essere loro stessi. Brani grezzi e diretti, contagiosi nel levare, conosciuti nonostante I pochissimi passaggi tv e radio (All about this ha fatto il giro di tutti I lettori); ma chi è qui stasera non vuole certo il “contentino” del disco preso e rifatto. Sono più le nuove idée che già bollono nel Very Ep (Sempre Unhip Records) ad aver scosso la curiosità dei presenti. La sensazione finale è che I Disco Drive si stanno muovendo, forse non hanno ancora bene chiaro il traguardo (potrebbero superarlo ed andare oltre senza accorgersene) ma l’importante è sapere che il prossimo lavoro sarà già un passo avanti rispetto a questo fortunate esordio. Da sottolineare la prestazione del nuovo bassista, bravo e preciso ma che, duole dirlo, non è un “Pomini”. Non ha quel tocco granitico, non snocciola riff funk, non fa “viaggiare lo strumento”, ma soprattutto ha un suono molto caldo, tondo che nei pezzi più diretti stona, e non è tanto colpa di quell Fender Jazz (Anche se quello colo panna di Andrea molto probabilmente era anni 60 o giù di lì), è proprio questione di tocco. Un motivo che non fa altro che accrescere la curiosità per il nuovo sound della band torinese.

Altre foto su: www.concertinalive.it