Uzeda – Stella

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Il punto è questo: c’è gente che s’è fatta un nome e gli Uzeda sono uno di questi. A testimoniarlo lì è la chiamata alle armi per la festa della Touch & Go insieme a gente come Scratch Acid, Big Black, Shellac, e il gotha dell’indie di fine anni ottanta/metà novanta. Per questo semplice motivo potrebbero fare all’infinito lo stesso album e nessuno avrebbe mai da dire: gli Uzeda bene o male sono uno status simbol, il brand dell’Italia nel mondo, il gruppo più internazionalmente tradizionale che potremmo mai avere. Capirete quindi che ogni discorso sull’originalità o sull’avanguardia va essenzialmente a cadere e il punto della questione diventa essere sempre all’altezza del genere proposto o, per farla più facile, cadere sempre in piedi. E’ inevitabile affermare che gli Uzeda ci riescono in pieno, e questo ‘Stella’ non è altro che l’ennesima conferma di come il songwriting di Agostino Tilotta si faccia sempre più incisivo, più noise e efferato, mentre la voce di Giovanna Cacciola venga sempre spinta dall’indolente apatia che le valsero ingombranti paragoni con la Kim Gordon dei Sonic Youth. Il tutto è minimale all’ennesima potenza, scarnificato a sangue e in preda al caos, talvolta il lato grezzo si fa più insistente, in altre la vena wave e blues si fa preponderante e la chitarra è perennemente impegnata in un lavoro che per precisione e inventiva fa quasi spavento. Insomma, di nuovo sotto il sole non c’è nulla, ma di nostalgia ce n’è parecchia.