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Accade che, complice un certo languore di “minestrone stilistico” indotto dai fremiti piu’ o meno underground datati primi anni novanta, puntuale arriva anche la proposta musicale degli White Zombie. Ed ecco a noi il Funk-Metal. Il gruppo originario di Rob Zombie (ora ben piu’ noto di allora), lasciandosi alle spalle un passato forse dalle tinte di suono meno omogenee (ma non per questo trascurabili), si muove ora forte di contrattone Geffen a ridosso delle due paroline citate sopra, sempre attento a non uscire mai di binario tanto il connubio creato sembra funzionare. Se sulla carta tutta la faccenda puo’ se non altro incuriosire, arricchita com’ e’ di pacchianerie di ogni sorta e da voci ed episodi tratti dai film di Russ Meyer, nella sostanza le cose mutano aspetto su piu’ fronti: applausi infatti per la versatilità del chitarrista “J”; buono l” inno di “Thunder Kiss ‘65” e la intro di “Thurst!” (che farebbe impallidire pure i Pear Jam di ‘Vs.’), ma dopo le prolungate insistenze di un concept decisamente bislacco e l’ennesimo “Yeah!” di Zombie posto ad incipit di ogni sua apparizione, si fa in fretta a perder l’entusiasmo iniziale. Non mi si fraintenda, ‘La Sexorcisto’ vale e supera tutta la carriera del Rob Zombie solista. Ma, se proprio non si puo’ vivere senza questo connubio stilistico, allora orientarsi su altri nomi non puo’ che far bene: Mind Funk, Big Chief. Meno lungaggini e meno teatralita’, ma probabilmente piu’ sostanza.