Lo-Fi Fnk – Boylife

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Roba che scotta, altrochenò. Un disco da ascoltare al mattino sul bus stracolmo per avere la conferma che, nonostante le facce, la vita è sempre una gran bella cosa. E se ne saranno già accorti in casa Moshi Moshi, vivaio che in questi anni è stato saccheggiato come quello di un’Atalanta qualsiasi (pensate ai Bloc Party rapiti dopo il primo EP indipendente o ai cari Hot Chip a libro paga Emi) dato che il luccicante duo svedese pare proprio segnato su diversi taccuini ”che contano”. E per una volta a buon diritto,aggiungerei. Una fatale miscela tra il pop meglio disposto a flirtare con una morbida elettronica (Phoenix, Junior Boys…) e le più riuscite bordate electro/house magnificate dall’ultimo Tiga o dai Daft Punk di mezzo; una sintesi che per quanto auspicata e a tratti abbozzata in passato (penso a certi Royksopp, ad Herbert..) mai era stata perseguita con tanta dedizione e profitto (oltre ad una sacrosanta dose di incoscienza). Tremate ordunque: potrebbero fare il botto e rischiereste di doverli ascoltare dalla suoneria del vicino di casa bifolco, ma vi assicuro difficilmente vi verrebbero a noia tanta e tale è la freschezza delle canzoni dei due ragazzi scandinavi (pare che si siano conosciuti a scuola nel 2001, ma dai volti direste che hanno ancora a che fare con lavagne e cancellini). Ma se mentono sui passaporti vogliate essere indulgenti: chi scrive una canzone come “Adore” merita ponti d’oro (Tiga pop, gli OMD e che inizi la festa) e se poi vi fa seguire “Wake Up” andrebbe beatificato come Tremaglia (bell’andamento funkettone pop Tahiti 80 con stacco con synth preistorico che nemmeno i Ladytron). E un gusto per il particolare che tradisce una sconfinata passione per quello che suonano, oltre che ascolti onnivori e ricercati; sentite quel bell’ultrabasso strappato a Dizzie Rascal e decontestualizzato che va a solcare l’inquietante “System” o i Notwist col sorriso di “What’s on your Mind”, letteralmente irresistibile nel crescendo che la porta a librarsi in 4/4 dance. Una freschezza rigenerante nei suoni e nelle idee e una scrittura già consolidata ed appuntita fanno si che le undici canzoni filino via rapide e che subito vengano rimpiante dalle gambe e dal sistema nervoso centrale. Come e più del vecchio Postal Service (meno genio lampante, ma un con qualche tonnellata di pop in più nel motore), un dischetto capace di mettere d’accordo due categorie di pubblico che spesso si guardano in cagnesco e che potrebbero decretarne lo status di piccole star. Per ora non ci interessa e ci godiamo lo spettacolo in disparte, ma chissà come intuiamo che lo scaffale Moshi Moshi stia per assottigliarsi di qualche centimetro…