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Ebbene si, è successo, ed è bellissimo. Se uso la metafora del bruco che diventa farfalla sono banale? Non me ne vengono altre al momento quindi uso quella: il bruco “band in odor di Mogwai” Grails fa il suo bel baco per poi schiudersi in una meravigliosa farfalla, ed ecco che arriva ‘Black Tar Prophecies vol.1,2,3’.
I Grails ora mischiano sonorità etniche a atmosfere da film horror, e il risultato è veramente valido nella prima traccia “Back to the monastery”.
Anzi no, i Grails ora vanno a ripescare il trip-hop e lo fanno loro, “Bad Bhang recipe” sembra una canzone dei migliori Massive Attack.
Come non detto, i Grails vanno a colpire l’ascoltatore con le sciabolate chitarristiche e gli eccessi ritmici di “Belgian wake-up drill”.
Mi son sbagliato, i Grails costruiscono perfette trame acustiche dalle atmosfere amniotiche, basta ascoltare “Smokey room” per rendersene conto.
Potrei continuare per tutte le 9 tracce che compongono questo cd, non ce n’è una uguale all’altra, tutte vanno a costituire qualcosa di nuovo in un calderone di idee e emozioni che ribolle con furore tormentato dal mestolo che crea questo gruppo sorprendente con la musica, arrivando fino agli ultimi quattro episodi orientaleggianti, veri e propri viaggi nella musica indiana.
Un album post-rock favoloso che attinge a piene mani da diverse contaminazioni culturali normalmente lontane dal genere; lasciarselo sfuggire sarebbe una follia.