Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Dopo tanto tempo ritorna un’importante realtà della scena indipendente italiana degli anni ottanta. Infatti questi Dirty Actions Tribute non sono altro che il gruppo di Johnny Grieco, band nata col nome di Dirty Actions sul finire degli anni ’70 a Genova: una prima fase scottante legata all’ondata punk culminata con il concerto di supporto ai Damned, una seconda fase invece diretta al recupero di altri suoni (funk, elettronica) per poi miscelarli all’interno di una forma canzone propriamente rock. Pochi anni dopo, nel 1983, il gruppo si scioglie per poi tornare oggi con nuovi musicisti e vecchio frontman. Il disco quindi non può che ricalcare nel bene e nel male la storia del gruppo.
La prima parte infatti è un monolito punk “all’italiana”, composta da pezzi brevi, semplici e incendiari, caratterizzati da ritornelli che si trasformano in veri e propri anthem. Nonostante i pezzi siano stati ri-registrati proprio per il disco, è forte quel sentore di un tipo di musica che è completamente diverso da quello che si ascolta adesso. Ciò non dev’essere inteso necessariamente in senso negativo, anzi! È palpabile la sesazione che si avverte, poiché le canzoni sono intrise fino al midollo dalle suggestioni di quel periodo. Rosa shocking e Aktion/Aktion sono una partenza fulminante, invece una piccola nota “stonata” può a mio parere essere considerata Bandana boys (nonostante sia forse il pezzo più famoso, citato anche nell’opera di Stefano Tamburini e Tannino Liberatore, ovvero RanXerox), meno potente e meno d’impatto rispetto a quanto mi aspettavo: manca qui una spinta di basso e batteria che faccia davvero la differenza. Questa “ipotetica prima parte” raggiunge l’apice con Tira la boccia, il pezzo più trascinante e coinvolgente dell’intero disco.
La seconda parte si rivela più articolata nella composizione e nei suoni: da subito Mongoloid è sì ancora un pezzo dalla resa punk, ma se prima si aveva a che fare con canzoni da “rivolta in piazza”, questa cover dei Devo è (data anche la sua origine) più un pezzo oscuro e new wave. Per non parlare di Tu danzi, Red china lips e Sextrap contaminate chiaramente da echi funk: soprattutto durante le ultime due risulta davvero difficile non assecondare almeno muovendo il piede (o la testa) i circoli sonori e i riff impeccabili che escono dalle casse dello stereo. Chiude in bellezza un’interessante cover di Wardance dei Killing Joke, ma non si deve per nessun motivo dimenticare Nevaga Gaz (cover dei GazNevada), con una splendida quanto terribile coda che documenta l’irruzione da parte dei carabinieri nella sede di Radio Alice: era il marzo del 1977, gli anni ottanta vennero poco dopo, ma con lo stesso spirito.