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Potenzialmente questo disco è molto bello. I protagonisti sono due: Garm, che ha fatto sì qualche passo falso, ma innegabilmente di musica ne sa; Daniel Cardoso, altro polistrumentista con duecento collaborazioni che seppur portoghese bazzica dalle parti della norvegese Nocturnal Art, avendoci tra l’altro pubblicato due dischi con i SiriuS (che invero sono un po’ inutili).
Finite le presentazioni doverose, la domanda è: dove andranno a parare, i due eclettici compagni di avventure? Alla fin fine, eccoli buttarsi su un rock alla Faith No More, vagamente alternativo stile A Perfect Circle in qualche passaggio, raramente metallizzato (come nell’opener “Baby Blue”, molto bella peraltro), condito con sporadici passaggi “elettronici” che ricordano nei suoni qualcosa degli ultimi Ulver (vedi “Kill Me”). Garm canta bene, ma non sempre, nel senso che a volte si perde in soluzioni pretenziose senza arrivare al punto. Perché qui alla fine le canzoni sono melodiche, molto ben arrangiate, c’è bisogno di linee vocali che trascinino, di ritornelli che tengano alta l’attenzione, invece dopo i primi due pezzi ben messi a fuoco si iniziano a vedere i primi cali di tensione. “Blunt Instrumental” è, appunto, una strumentale “slow or deficient in feeling” come recita il dizionario alla parola “blunt”; “It Hurts” è proprio insipida, tocca aspettare “Waterfront”, “Wonderworld” o “Rapid Eye Movement” per riprendersi un po’, ma comunque non viene quasi mai voglia di mettersi a urlare “figata!” “innovativo!”, no, proprio no.
Piacevole chicca per curiosi e fan del baffone norvegese che da Blood Inside non sembra proprio ispiratissimo; per tutti gli altri: niente di che.