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Georg Altziebler, titolare della sigla SOTVR, non è certo un principiante allo sbaraglio sulla scena musicale europea; il cantante e chitarrista di Graz ha difatti alle spalle una lunga carriera spesa in progetti a noi purtroppo sconosciuti (come Pure Laine e Bloom 05) che data dalla seconda metà degli anni 80 e ‘Playground’ è gia il quarto lavoro a nome Son Of The Velvet Rat. Nonostante l’album esca per la label austriaca Monkey, legata al gruppo Universal, occorre purtroppo rimarcare l’assenza di una distribuzione del medesimo sul suolo italico; uno sproposito davvero data la qualità sopraffina della proposta musicale dei dirimpettai dell’oltre Brennero. Una sorpresa assoluta per il vostro scribacchino che si è imbattuto quasi per caso in questo autore resa ancor più clamorosa dalla buona stampa di cui gode Altziebler negli Stati Uniti (a seguito di diverse date dal vivo e del conseguente passaparola) a fronte di una pressoché totale indifferenza raccolta nel vecchio continente proprio a causa dell’irreperibilità del suo materiale. Abbiamo di fronte un cantastorie della specie più pregiata, di quella sempre più ristretta progenie di affabulatori capaci di raccontare le proprie pene e i sogni ancora in piedi con pochi gesti apparentemente dei più semplici. La maestà ieratica dell’ultimo Leonard Cohen, i racconti di frontiera degli Walkabouts e quei giri di piano mortali e perfetti delle Murder Ballads del vostro australiano preferito. La voce profonda e scura, barricata e lasciata invecchiare nel legno più pregiato, altrove lirica e sul punto di tremare. Tutto attorno spuma di spazzole, bassi e organi rotondi e caldi e diversi altri strumenti (gli archi, un’armonica..) e fondali ad alternarsi. Uno alla volta però, con sommo rigore, un riverbero di fisa e una stilla di harmonium, con lentezza, perché a parlare siano prima di tutto gli spazi, le pause e il non detto (lo insegnano i Lambchop, anche in 12…). E difatti il bravo Georg talvolta ama restare nudo con la propria voce e la compagna chitarra, che non arpeggia mai ma semina invece note sparse, e solo un filo d’altro. Bellissimi anche i testi capaci di materializzare paure ataviche e lasciandoti poi da solo ad affrontarne la visione, tratteggiando sentimenti tanto densi da toglierti il fiato. Talmente comunicativa e risolta la poesia di Altzliebler da consigliargli di registrare alcuni di questi brani dal vivo, con il pubblico in religioso silenzio e buona la prima. Non un titolo meno degno degli altri e grande gusto nella scelta delle cover (vi lascio il piacere di scoprirne le fonti…). Una piccola grande meraviglia che spero possa suscitare l’attenzione che merita ed emozionarvi quanto ha commosso me, nella speranza di poter vedere Son Of The Velvet Rat esibirsi prima o poi nel confinante Belpaese.
Per contatti: www.velvetrat.mur.aut http://www.myspace.com/sonofthevelvetrat