Having thin moonshine – Having thin moonshine

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Ad una come Patti Smith, dal Lido di Venezia arriverà tuttalpiù qualche cartolina. Ed è un peccato, perché se per sbaglio questo demo fosse capitato nella sua buca delle lettere piuttosto che nella mia e nel suo stereo piuttosto che nel mio, forse qualche ricordo di intensa gioventù l’avrebbe costretta a pensare due volte, prima di buttar giù una raccolta scialba come l’ultima ‘Twelve’. La musica degli Having Thin Moonshine tributa la sacerdotessa quanto le altri grandi voci d’autore americane (Pj Harvey, Tori Amos), riferimenti quasi d’obbligo se scegli la voce al femminile e il testo in inglese. Ma la reinterpretazione qui va oltre le somiglianze estetiche fino ad una vera affinità di spirito. La prevalenza dell’acustico crea le basi per apprezzare la performance di Silvia, vocalist capace tanto di momenti profondi quanto di passaggi indolenti, e i virtuosismi di chitarre che ogni tanto i nostri si concedono, e quel che se ne capisce, nonostante il loro ep duri poco più di un quarto d’ora, è che nella musica degli Having Thin Moonshine vivono almeno due anime distinte: una è quella vagamente gotica che contagia il gruppo nel nome, nella grafica di copertina, nei testi e soprattutto nelle glaciali atmosfere di new wave acustica che vengono ad assumere alcuni brani, dal titolo significativo (“Vanishing”, “Lifeless Eyes”). L’altra, assai più godibile secondo chi scrive, quella sanguigna che apre e chiude il disco, enfatizzando la batteria e una verve tutta smithsiana delle linee vocali: la ritmica concentrica di un rito vodoo e la capacità di essere decadenti e “fisici” ad un tempo, come la Salome wildiana che, con la sua, conclude le danze nel migliore dei modi.

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