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L’asse Melbourne-Berlino trova nuovi, insperati alleati. Nel giorno dei rimpasti, i Devastations sono forse gli unici della congrega a poter vantare un dignitoso primo pelo, a dispetto dei chilometrici curricula di colleghi e maestri. All’attivo hanno giusto due dischi e qualche ingenuità e ora soltanto arrivano alla terza tappa con uno slogan, ‘Yes U’, che è tutto un ammiccare pop verso l’ascoltatore. Ma se si bada ai contenuti, l’ammiccamento ben presto finisce per cedere il passo ad un fascino inquieto: e il suddetto ascoltatore, una volta catturato, è tenuto sospeso fra pulsazioni ritmiche e tante, forse troppe.. torniture elettroniche. La sospensione, i sospiri di “Standish” e il sospetto -fondato- che la suspence non finirà mai e che la tensione di “Black Ice” non farà altro che accumularsi ed aumentare di brano in brano, mozzando il respiro di chi ascolta. Persino quando i tempi si distendono per le ballate, non si riesce a riprendere fiato. E nemmeno quando di scena sono le chitarre come in “Rosa” o il rock decadente di “Mistakes” !
Il disco non decolla si direbbe in altre situazioni, ma per ‘Yes U’ la faccenda è diversa: sovraccumulo di tensione e l’impossibilità di qualsiasi sfogo sembrano due fattori duramente ricercati e abilmente messi in pratica, in un’inquieta mistura di Rock in nero e omaggi alla Berlino elettronica. Sembra davvero che non si possa fare nulla d’innanzi a questo disco: non partecipare alle frustrazioni dei suoi creatori, né tantomeno sfogare le nostre. Solo stare a guardare da un vetro il teatro delle inquietudini, con una spiacevole sensazione di impotenza addosso. Freddi. Come dalla migliore tradizione berlinese!