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Una delle cose che preferisco dell’Italia sono i piccoli paesi, quelli che lontani dagli eccessi artistici delle metropoli o comunque delle grandi città si rivelano tesori nascosti, accoglienti e ipnotici, piccoli aggregati di case antiche arroccati su una collina o nascosti in fondo a una vallata, minuscole perle sul mare. La stessa cosa succede per la musica, capita facilmente di allontanarsi per un attimo dai dischi seguiti da clamore, persone e parole per ritrovarsi ad ascoltare qualcosa di tanto sublime quanto ignoto e piccolo. “Il passato riemerso” dei Passo uno, disco uscito nel 2006 ma che solo da poco tempo staziona nel mio stereo, ne è perfetto esempio.
Uscito nel 2006 questo disco dalla splendida copertina racchiude quaranta minuti di post-rock tanto languido quanto ben elaborato, nove tracce in cui vanno a incastonarsi chitarre, archi, ritmiche particolarissime e accurati field recordings raggiungendo un risultato personale e splendente.
La musica dei Passo uno è come un divano rilassato e rilassante, un ascolto incredibilmente piacevole e interessante in tutti i suoi momenti, le canzoni vanno a costruirsi e a completarsi con una naturalezza che lascia senza parole.
In poche parole “Il passato riemerso” è uno di quegli album da lasciarsi scorrere addosso con tranquillità chiudendo gli occhi, gli effetti sono rigeneranti sull’ascoltatore. Tralasciando il fatto che queste canzoni sono destinate a fare da colonna sonora a un documentario (che non ho visto), la musica dei Passo uno si rivela quindi un piccolo borgo antico ben nascosto agli occhi del turista qualsiasi, che però non rinuncia alla modernità grazie al contributo che gli danno i suoi abitanti, strade e case che riempiono di quiete e di interesse chi ha la fortuna di visitarle, una scoperta semplicemente meravigliosa.