Vampire Weekend – Vampire Weekend

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I Vampire Weekend sono stati il primo vero fenomeno dell’anno. Daltronde avevano tutte le carte in regola per esserlo: quattro ragazzi dall’aria un po’ nerd, con polo e cardigans dai colori pastello, le facce pulite e il giusto tam tam di passaparola tra blog e myspace. Se ci aggiungiamo la benedizione di Pitchfork e l’etichetta discografica XL sono un fenomeno “telefonato”.
Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: il loro afro-indie-pop un po’ alla Feelies ha incuriosito tutti, se non
altro per la buffa etichetta. Pescando dai periodi più frivoli e meno cervellotici
dei Talking Heads, rimestando tra tempi dritti di un pop sincero come pochi negli anni ’80 sapevano fare (Feelies, come accennato, su tutti) e
aggiungendo quel tocco un po’ afro fatto di paesaggi che sembrano usciti da poster e sapori pescati dal kebabaro all’angolo, i quattro sono riusciti a conquistare il mondo e, a breve, torneranno in tour in Italia come headliner.

Ennesima “sòla”? ennesima cometa? Per adesso è presto dirlo, ma bisogna
ammettere che il debutto di questi ragazzi è fresco e spensierato, e riesce a piacere
e a farsi ascoltare più e più volte. L’innesto delle percussioni e di quel tribale “politically correct” dà effettivamente una svecchiata ai tempi quadrati e stretti su cui troppi gruppi sperano ancora di costruirsi una carriera.
Riff di chitarra su fraseggi di basso, passi sincopati, voce da liceale, e l’aspetto di amici abituati a suonare nel garage accanto, collezionando vinili e parlando di gruppi scomparsi dalle classifiche da più di un decennio fa dei quattro dei piccoli eroi.
Se poi ci sommiamo il fatto che buona parte dell’album se lo sono prodotti e lavorati da soli e che il tastierista cura personalmente tutto l’aspetto artistico delle canzoni abbiamo una band che sta già un passo avanti rispetto a tutte le altre.
Sono da tenere d’occhio, perchè tra un bongo con la pelle lenta è un “Peter Gabriel too” che ti rimane in testa potrebbero regalare ottime cose