Vedersi due concerti dei Sonic Youth in tre giorni è una gran cosa. Se poi tali concerti sono corredati da una mostra bellissima allora apriti cielo. Già, il vostro inviato ha seguito la gioventù sonica nei suoi concerti italiani del 9 (Milano, Alcatraz) e del 11 ottobre (Bolzano, Stahlbau Pichler) e non ha potuto esimersi dal vedere la bellissima mostra intitolata “Sonic Youth etc.: sensational fix”.
Ma andiamo con ordine.
I concerti:
l’apertura è affidata ai Golden Jooklo Age, un trio veneto sperimentale che fa sua la missione (che tra l’altro nessuno ha avuto il minimo coraggio di affidar loro) di suonare a caso strumenti diversi e disparati fregandosene altamente di andare a tempo, mostrare perizia nell’uso degli stessi, fare qualcosa di degno. Così già dopo cinque minuti a Milano sento qualcuno dietro di me dire “Avete rotto i coglioni” ma, purtroppo per lui e per tutti, per mezz’ora non si fermano un istante, persi nel loro viaggio introspettivo di improvvisazioni e risvegliandosi con i fischi del pubblico. Due giorni dopo, complice un pubblico più timido, riescono a fare plin plin, tic toc, brzzz, cling su due pezzi per un totale di 40 minuti. Nessuno ha capito se ci sia qualche comunanza tra le suite di una data e quella dell’altra. L’applauso liberatorio quando lasciano finalmente il palco è di per sé significativo.
Ovviamente cambia tutto quando sul palco salgono i 4 di New York, in realtà in una formazione a 5 visto l’innesto del grandissimo Mark Ibold (il nome Pavement non vi dice niente?). Le scalette sono molto simili, l’atmosfera no. Vince Bolzano, grazie alla sua location particolare, lo Stahlbau Pichler, una fabbrica ancora in uso capace di un’acustica sorprendente e contenente quasi duemila persone. Un evento per tanta gente di quelle parti ma non solo, vista la presenza di “trasferisti” da tante parti d’Italia e dalle vicine Austria, Germania e Svizzera. I giovani newyorkesi si sono dimostrati in formissima e la base ritmica a due bassi ha dato davvero una spinta ai tanti pezzi del periodo anni ’80 e del periodo “giorni nostri”: del primo gruppo troviamo il saccheggiatissimo ‘Daydream nation’ (6 pezzi) più i ritorni all’antichità con She is not alone e The burning spear e le due conclusioni di serata affidate a Expressway to yr skull e Shaking hell. Delle canzoni recenti invece 4 estratti dall’ultimo ‘Rather ripped’ e due dal prossimo ‘The eternal’ (livello di interesse: alto). Pochi invece i grandi singoloni: ‘Goo’ purtroppo totalmente ignorato, ‘Dirty’ e ‘Sister’ quasi tranne l’immancabile Schizophrenia e 100% in chiusura della seconda serata. Degli anni ’90 si recupera in più solo Skip tracer e Bull in the heather, ma va bene così. Va davvero bene così.
La mostra: “Sonic Youth etc.: a sensational fix” è una favolosa raccolta di suoni, rumori, immagini, sensazioni, installazioni legati sì al gruppo ma anche ad altri artisti vicini ad esso come Lawrence Ferlinghetti, Richard Kern, Dan Graham, William S. Burroghs. Nella bellissima cornice ultramoderna di quel novello gioiello che è il Museion di Bolzano, si può davvero ammirare la multidisciplinarietà culturale (soprattutto iconica) del Sonic universe, immersi in tre piani di bellissime foto, filmati d’epoca o creati per esplorare le possibilità visive, stanze con pavimento di vinili su cui camminare, raccolte di flyer e locandine, cimeli, quadri, libri, poesie. Qui ci sono quasi trent’anni di storia culturale underground e d’avanguardia in cui i Sonic Youth, come band ma molto spesso come artisti singoli, hanno dedicato tutto il loro tempo, sforzi, amori, passioni, cervelli con risultati sempre sorprendenti. Dura fino al 4 gennaio. Che sia la volta di fare una settimana bianca più sfiziosa del solito?
Le foto sono di Felson