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Probabilmente qualche birra di troppo, meno di due anni fa, aveva lasciato preannunciare il parto di un album diverso dai primi due, un album più sporco, quasi punk, che avrebbe confuso più di qualcuno, addetti ai lavori inclusi. A distanza di tre anni da ‘C’è Gente Che Deve Dormire’ però questa, già allora, improbabile anticipazione, rispecchia immancabilmente lo strambo e immutabile temperamento della band in questione. Sì, perché in tutta onestà la ricetta non è cambiata e anche se questa volta preferiscono il binomio più gettonato del momento tra i modaioli delle metropoli, in realtà non si allontanano poi tanto dalle dinamiche già note ai praticanti.
L’impeccabile teatralità di Gulino è integra così come la trivialità vocale di Pipitone.
Non mancano a Carmelo le occasioni per far schizzare via le sue corde come non manca la voglia di esaltare la disinvoltura e l’autenticità dell’intrepida lingua di Giovanni, il quale non dimentica per la terza volta che, forse sì, è il fratellastro inquieto di Benvegnù, quello che riesce a raggiungere la stessa nobile intensità lirica ma che non intende abbandonare del tutto la dimensione umoristica.
E ci sono momenti di elevato spessore compositivo che cancellano qualunque altra traccia di ingenuità commessa; momenti in cui si sorride nel notare con quanta sfacciataggine saltano dal charleston al metal e altri in cui si gode di una epidermica scossa emotiva con occhietto lucido incluso. Certo è che forse avremmo preferito che la title track parlasse d’altro, che si scegliesse una materia meno sfruttata per un tessuto musicale così autentico e carnale, che Pensieri A Sonagli durasse di più, che la coda di Non Lo Sanno fosse l’intero brano, che Licantropo non avesse la prima strofa, ma alla fine dei conti tutto questo non pregiudica il risultato finale, perché sono poco più di 39 minuti spesi bene, a cui ci si affeziona, di quelli a lunga conservazione.