Mouth of the Architect – Quietly

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I Mouth of the Architect si imbarcano con convinzione sulle orme di Callisto e Cult of Luna, ovvero sulle orme degli Isis, ovvero… questi scenari del post-core ricordano un po’ gli incubi di quella ipotizzata, eterna e macilenta post-storia in cui potremmo essere sprofondati da anni, e la voglia di ascoltare un nuovo disco nell’ambito scarseggia sempre più. Forti di qualche ripetizione al doposcuola neuroisisiano si viaggia in realtà con piacere e senza troppe reiterazioni noiose, con una produzione ricca e raffinata dedicata a valorizzare le schitarrate dissonanti immergendole in spoken words, echi di synth atmosferici, divagazioni ambientali e rumorini d’ogni sorta. Effettivamente l’ascolto si rivela quasi più interessante durante le intro e le outro dei pezzi, relegando le canzoni vere e proprie in secondo piano; non si può dire che i pezzi brillino per costruzione e inventiva: Quietly parte con un crescendo preso pari pari dai Cult of Luna per poi sfociare in una continua melma chitarristica spezzata di tanto in tanto da qualche intuizione simpatica; Guilt and the Like modera le distorsioni e le affianca ad un cantato più monocorde del peggiore Aaron Turner, giocando con flautini e armonizzazioni post-rock tanto sentite quanto scontate, per poi tuffarsi nella dovuta esplosione e nei conseguenti nervosismi carichi di tensione – ma quale? E poi chitarrine acustiche, una donzella alla voce (su Generation of Ghosts), qualche guizzo di personalità in Rocking Chairs & Guns, ulteriori decelerazioni doomy in A Beautiful Corpse; non manca nulla, tutto è nelle proporzioni corrette, senza mai farsi prendere la mano: sarebbe un’ingiustizia parlar male di questo ‘Quietly’, e sarebbe perfino complesso trovare elementi a cui appigliarsi se proprio si volesse. Tutto sta alla vostra propensione all’ascolto di questo genere di dischi ben confezionati e ben saldi all’interno di presupposti che spero siano stati ben illustrati con la presente.