Intervista a Distile Records: Questione di stile

  • Ci sono nazioni che musicalmente la fanno da padrone: Stati Uniti e Regno Unito su tutte, ma senza dimenticare tutta la gran musica che viene dai paesi nordici oppure la sempre sorprendente scena belga. E poi? Vi siete mai chiesti come stanno i vostri vicini di casa? Com’è la situazione solo poche centinaia di km da qui? Io sì e ho voluto parlarne con Pierrick della Distile Records, etichetta francese: “We promote quality underground rock bands from indie to math from post to improvisated music” dicono loro: mica roba da ridere. Piccola ma con tante idee e passione.

    RockLab:Come nasce l’etichetta? Qual è la storia della Distile Records?

  • Pierrick: Faccio parte di quella schiera di persone molto attenta all’appartenenza di un gruppo ad una certa etichetta. Oggi meno che in passato, ma è una cosa ancora molto importante. Un’etichetta discografica – una seria intendo – ha una propria politica, un certo gusto musicale, un orientamento e a volte può davvero influenzare il gusto degli ascoltatori. Dobbiamo mettere in luce il potenziale di alcune band sconosciute ed è davvero eccitante e appagante quando succede! Amo cercare nuove band, nuovi suoni, e mi interessa allargare lo spettro dei miei gusti musicali al fine di sorprendere me stesso. Non voglio limitare la Distile Records al mio gusto musicale, non vedo però motivo di far uscire dischi troppo “easy listening”. Ogni disco dev’essere una sfida e un passo avanti. Da questa idea è partito tutto.
  • R:Una domanda banale ma sempre interessante: come scegli i gruppi?
  • P:Scelgo quelle band che hanno qualcosa di insolito, di originale. Riesco in pochissimo tempo a capire se un gruppo va bene per la Distile, e se è ok allora approfondisco sentendo alcune tracce su myspace. Riceviamo una quantità enorme di demo da tutto il mondo ma in realtà non riesco mai a trovare nuove band in questo modo. Devo scoprirle da me, come un cercatore d’oro. Cerco di utilizzare anche criteri pratici nella scelta: sento che c’è un buon feeling con quel gruppo? Si può creare una bella collaborazione? Guardiamo nella stessa direzione? Io lavoro davvero duro su ogni disco targato Distile e voglio che le mie band si sentano coinvolte quanto me nel progetto.
  • R:Avete nel rooster un bel po’ di gruppi americani e addirittura anche uno svizzero. Si parla generalmente della chiusura dei francesi verso l’estero, è quindi da considerarsi una leggenda metropolitana?
  • P:Guarda, le persone con una visione ristretta sono dappertutto. In generale posso dire che in Francia c’è la tendenza di preservare la propria cultura di fronte all’invasione culturale americana. È questo il motivo per cui il governo ha imposto che le radio passassero per almeno il 50% musica francese. L’idea poteva essere buona, purtroppo questa quota fissa ha fatto nascere e crescere una marea di pessimi gruppi commerciali e tanta musica tradizionale francese. È un dato di fatto: la Francia non è una nazione rock’n’roll, la cultura in fatto di musica indie rock è scarsa. Tuttavia non mi sento di dire che i francesi non siano aperti alla musica che proviene dall’estero. Il problema principale è la mancanza di strutture “importanti”, di un certo livello (“grandi” etichette indipendenti, distribuzione…) che supportino la scena sotterranea. Le persone che tentano di creare qualcosa da sé rimboccandosi le mani senza ricorrere ad un supporto istituzionale sono davvero poche. Ecco perché ho messo in piedi una distribuzione, l’ho fatto principalmente perché avevo difficoltà a trovare una distribuzione per i miei dischi. E anche perché non ho mai trovato nei negozi quei dischi che volevo comprare.
  • R:Com’è la situazione della musica in Francia?
  • P:Abbiamo un mucchio di belle cose in Francia, ma ammetto che la musica non è la cosa migliore che sappiamo fare. Come dicevo, il rock indipendente non fa parte della nostra cultura. Ho sempre ascoltato tanta musica, proveniente dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo. Ed è questo il motivo per cui lavoro con così tanti gruppi stranieri: la Distile non è stata creata specificatamente per promuovere musica francese, ma per promuovere buona musica indipendentemente dalla nazione d’origine. Abbiamo anche qui delle ottime band underground, ma la situazione non è per nulla paragonabile a quella di paesi come Usa e Regno Unito.
  • R:In Italia l’idea che si ha della musica francese è sicuramente limitata, soprattutto della musica rock. Per l’Italiano medio la musica francese è Edith Piaf e Serge Gainsbourg. Qualche ragazzo più brillante dice Noir Desir. Poi, a parte le derive elettroniche qui considerate di nicchia (Air, Daft Punk, Justice) null’altro è purtroppo pervenuto. Ora invece giro la domanda, che idea ha la Francia della musica italiana. E soprattutto, arrivano oltralpe gli echi di gruppi che fanno una musica di un certo genere (ovviamente non la solita musica pop italiana, ma sto parlando di tantissimi artisti che producono ottima musica rock)?
  • P:Immagino gli italiani molto più rock e molto più hardcore rispetto ai francesi. Secondo me avete un gusto elegante per le complesse composizioni musicali e questo viene confermato da tante grandi band come Bellini, Uzeda, La Quiete, Three Second Kiss. O più recentemente Aucan e Putiferio. Questo tipo di musica mi fa impazzire!
  • R:Facendo viaggiare la fantasia, se poteste produrre una compilation con alcuni dei vostri gruppi preferiti, chi sicuramente dovrebbe esserci?
  • P:Ah, questa è facile, preparo sempre un mucchio compilation per i miei amici. Ogni compilation è strapiena di gruppi, però magari limitiamoci a quelle rock band che sicuramente non lascerei fuori: Colossamite, Dazzling Killmen, Grand Ulena, Cheer Accident, Don Caballero, Ahleuchatistas, Hoover, Unwound, Slint, Dilute, Hella, Oxbow.
  • R:A giugno c’è stato il secondo compleanno della Distile Records. Come avete festeggiato? E cosa vi sarebbe piaciuto ricevere (così tentiamo di regalarvelo l’anno prossimo)?
  • P:Due anni non sono nulla. Ma siamo comunque felici di questo traguardo. Abbiamo 10 release, alcuni nuovi distributori, ora l’etichetta inizia a farsi conoscere, non solo in Francia ma anche all’estero. È pazzoide sapere che c’è un ragazzo che vive in una piccola cittadina americana o in Norvegia che conosce la Distile e ci apprezza. È grandioso e ci dà lo stimolo di continuare a lavorare duro. Un bellissimo regalo sarebbe avere una distribuzione in Italia, che dici, si potrebbe fare?