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Veracrash è un gruppo con le idee chiare e che non ha la minima voglia di perdere tempo: i ragazzi scrivono 9 canzoni e riescono a mandarle a Seattle nelle sapienti mani di Martin Feveryear (collaboratore di Mudhoney, Qotsa e altri gruppi non da poco) che si dedica al mastering. Poi affidano la grafica a Seldon Hunt (al lavoro in passato con Neurosis, Isis & Jesu), il quale comunque decide sciaguratamente di ricorrere a caratteri altamente illeggibili su copertina e retro per la gioia di chi tenta di decifrare i titoli e il nome del disco. Ma poco male. Stiamo parlando di ‘11:11’, un disco d’esordio che è una gran bella sorpresa in più punti. I riferimenti del gruppo sono facilmente riscontrabili nei nomi riportati sopra, forse sono i Queens Of The Stone Age la band più “omaggiata”: il trittico centrale Santa sangre – Perceptive Tollage – Broken teeth, golden mouth ricalca la tipica scrittura (e in più punti anche la modalità di cantato) di Josh Homme, ma la bellezza dei pezzi non fa storcere il naso di fronte a queste citazioni. La bravura dei Veracrash esce in più frangenti, Jeeza è un pezzo coi fiocchi, ma sono le due canzoni finali a lasciarmi senza fiato: Russian roulette è una meraviglia che non perde di intensità nemmeno per un secondo, complice anche la voce di Johann Merrich, ospite di riguardo e scelta più che azzeccata. La conclusione perfetta è Snakes for breakfast, un lungo pezzo strumentale che strappa applausi sinceri. Abbiamo davanti un gruppo di talento a cui manca solo di limare qua e là per uscire da quella quadratura che in alcuni casi rischia sempre di trasformarsi in una gabbia, problema fortemente legato al tipo di musica che la band ha scelto di suonare, ma si tratta di un ostacolo facilmente superabile e superato in molte tracce del disco. Bravi!