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10 maggio 2011 | Domino Records | Domino |
Reach A Bit Further
Il cantato che introduce l’album, posato su una composta onda sinusoidale grave ed elettronica e un arpeggio di piano, è voluminoso e fiero, come nella migliore tradizione british e sfila aggrappato a un debole beat. Profondità e nebulosità che fanno scattare la molla dell’interesse. Entrando nel disco ci si accorge che il lavoro in studio ha consegnato una dimensione controllata al suono grazie ad un gioco di sottrazione di riverberi, spesso onnipresenti nei lavori di questo genere. L’assenza di feedback, anche quando ci vorrebbero, dona un connotato plastico e preimpostato al suono, e risalta nella contrapposizione con l’umore dei pezzi, tutt’altro che impostato. Questo tipo di approccio è assimilabile alla tendenza delle band indie più internazionali/multinazionali come Vampire Weekend, Cloud Control ecc.
Intersecando a questo gli arrangiamenti spiccatamente al passo con band di tendenza come Foals (il misticismo microorchestrato derivativo dei Battles), e il retaggio culturale english che distorce le atmosfere e le parti vocali con un’ influenza atavica, il lavoro si prospetta come un successo commerciale.
Al di là della vivisezione della produzione e delle intenzioni della band, il disco presenta un bel gruppetto di canzoni godibili e ben strutturate.
L’opera, per la sua ottima limatura del suono, può accontentare pienamente i nostalgici dei Talking Heads, cosa non da poco.