Still Corners – Creatures of an hour

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10 Ottobre 2011 SubPop stillcorners.tumblr.com

Demon

Uno di quei dischi che si ha paura a toccare perché fragili, che fanno prendere titubanza di sottoporli alla pressione del loud perché possono esplodere in mille pezzi, dove si teme a toglierli dal packaging perché magari prendano freddo, insomma non si sa come prenderli tanto forte è la loro volatilità dal peso della cipria, di una piuma d’angelo se ce ne sono; lui è americano Greg Hughes e lei è inglese e canta Tessa Murray, ed insieme formano gli Still Corners, duo votato all’esplorazione del dream-pop e delle aree che fanno costellazione intorno al dark-wave Ottantiano con la civetteria tenue dell’indie.

Creatures of an hour è la loro mossa ufficiale sulla scacchiera interminabile delle nuove proposte, e dieci sono le tracce con le quali evocano poesia, modulazioni e castelli in aria, abbondantemente ariosi, oltre i limiti gassosi dei Beach House, The XX, Papercut o Tunn, movimenti che si distendono e dilatano come nenie incantatorie tra leggeri drone elettronici e nebulose ambient; il duo anglo-americano ha un infinito cromatico, parte dalle ombre wave Cuckoo, I wrote in blood e arriva alle sfumature percepibili del pop “da cameretta” The white season, Into the three, Subamarine tracce  quest’ultime speziate di psichedelia sixsteen, riparte dal toy-sound di un organetto Circulars e sconfina nelle proiezioni su cellulosa bagnate di leit-motiv Morriconiani Velveteen, una peculiare animazione di mezz’ora che fa pathos e climax languidi per un ascolto visionario e rilassante.

Un disco che – anche se fuori d’ogni Copernichiana rivoluzione –  fa in ogni caso raggomitolare come dentro un intorpidimento messo a zeppa tra realtà e sogno, una nuova avventura sonica che si palesa tra nebbie e metafisiche ondeggianti che fa sempre piacere trovare – tornando a casa –  nella bocca dello stereo, se non altro per quella tenerezza comprensiva che ti aspetta per farti sciogliere i nodi di una giornata campale.