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8 Novembre 2011 | Warp | DRC Music |
Passare in rassegna l’arte, la musica e gli “artisti” naif che in quest’ulteriore e prezioso disco/progetto DRC Music di Damon Albarn rivolto all’Africa e agli Africani veri – dopo la bellissima contemporaneità del precedente starting di Mali Music 2002 – è come passare le aree di riferimento dell’indipendenza dell’Arc Music che, pur avendo un passo ed un metodo nella rielaborazione del traditional e relative incursioni moderne, nessun’altra alternative major è in grado di esprimere.
“Kinshasa one two” è la porzione del Continente Nero focalizzato dall’artista inglese e dall’amico Dan The Automator, il Congo ed i suoi musicisti di base, favorendone un intricatissimo ricamo sonante che si scambia ed interscambia con le stimolazioni moderne ed in cui – finalmente – si riconoscono le radici nere che hanno “colonizzato” il nostro terrestre bianco, fuori dell’omologazione e attaccate al timone verso rotte affascinanti; poco più di una settimana di sessions in uno studio di registrazione in Kinshasa e la magia si è palesata, quell’idea si è collegata con la bellezza degli intenti e con il senso di gratitudine non come passiva beneficenza lavatrice d’anime frettolose, ma sottoforma di collaborazione attiva e solidale tra fabbricanti di suoni ed ingegneri di note che mettono il loro “mestiere” al servizio dell’organizzazione no-profit Oxfam.
Quattordici tapes ricche, colorate, vive e umane che si crogiolano nel segno del “siamo tutti uguali” che si mischiano felicemente come dentro quelle palle di vetro con la neve, che una volte agitate perdono i loro confini, l’alto ed il basso e magnificamente il Nord ed il Sud, in un’incontrollato benefit dove il sangue ha una sola sfumatura; odori forti e selvaggi che fanno profumo entusiastico come il rock-cha-cha-cha che smuove in “K-town”, il drum’n’bass tribale che tira centri al dub d’ultima generazione “Lingala”, fatevi due passi nella jungla ipnotica e liquida di “We come from the forest” per perdervi in un sogno o nelle sensazioni deliranti di un Barry White al contrario “Ah Congo”, e perché no, due bei saltelli nella stunz stunz disco fatta di legnetti, coperchi, lattine e quant’altro faccia eco, rumore e bailamme “If you wish to stay awake”, dopodiché vi assalirà il pensiero di uno stupendo disco alla portata di tutti, libero dalle proposte mediate, mediatiche e martellanti prigioniero solamente di un cappio di splendore grezzo, praticamente il confluire del suo cammino di ieri nel tempo delle musiche d’oggi.
Damon Albarn, una ne fa, cento ne vince.