ATTITUDINE E VISUAL: Un percorso colorato ed intenso condito da esplosioni visive proiettate sullo sfondo. I God Is An Astronaut sono saliti sul palco vestiti in modo tranquillo, come se fossero effettivamente usciti per una Guinness in compagnia, e hanno caratterizzato il live arricchendo ogni brano con giochi di luce e video proiezioni. Ad ogni brano un video, colori forti, luci che sembravano muoversi sulle note di ogni pezzo: bello, d’impatto.
AUDIO: Quello che ti frega, con loro, è la caratteristica dei suoni. Arpeggi lenti, accomodanti, che vanno in un crescendo portando il tutto ad un’esplosione. Che sembra controllata, che rientra, morbida, tornando al suo fluire leggero. Per poi colpire ancora, quando meno te lo aspetti. Ho sempre temuto per i concerti al Circolo degli Artisti: bella la location, grande quel che basta il palco, pazienza per le luci che durante i tre pezzi standard dedicati ai fotografi sono basse e scure, monocromatiche mirate al farti innervosire. Ma l’audio? Essendo un gruppo prevalentemente strumentale, è stato tutto impeccabile quando in realtà temevo non fosse possibile. Gli ultimi concerti al Circolo hanno dato la sensazione di predominio musicale sulle voci, almeno con i God Is An Astronaut questo rischio non si poteva/doveva effettivamente correre.
SETLIST: Dust and Echoes, All Is Violent, All Is Bright, Infinite Horizons e Forever Lost… Cade nel 2012 l’anniversario per la decennale attività del gruppo. Con l’aggiunta dal 2011 di un elemento alle tastiere e al synth (Jamie Dean), i tre ragazzacci irlandesi hanno regalato al loro pubblico un concerto best of, portando in risalto i brani di punta che li hanno consacrati al ruolo di divinità del post rock.
LOCURA: On stage in perfetto orario, timidi e pacati quasi fosse il loro primo concerto. Teste basse, qualche sguardo furtivo al pubblico sorridendo benevolmente e con l’espressione tipica di chi si aspettava gente, certo, ma non così. Nulla di particolare da segnalare, solo il calore dei fan.
PUBBLICO: Concerto sold out per un pubblico tutto sommato eterogeneo. In transenna i più temerari, schiacciati dalla ressa di gente, che hanno ballato in preda ad un vortice emozionale. Pochi gli under 30, molti gli over 40.
MOMENTO MIGLIORE: Nessun momento in particolare, anche se vero catalizzatore visivo sul palco è Niels Kinsella (basso): un vero animale da palcoscenico, dotato non solo di una reale bravura come musicista, ma anche di un carisma travolgente che ha lasciato sovente ad occhi aperti anche i compagni del gruppo. Niels salta, si muove, si abbassa. Quando si ferma, alla ricerca quasi di un po’ di respiro, il corpo resta immobile e parte dopo pochi istanti la testa, così, in una serie di movimenti che farebbero perdere l’equilibrio a chiunque. Tranne che a lui. Godimento per gli occhi.
CONCLUSIONI: I God Is An Astronaut sono una delle migliori band strumentali e che meritano sicuramente di essere viste in una performance live. E se Dio è un astronauta, loro che diavolo sono? Gente capace di proiettarti su, in alto, nello spazio. Per poi farti tornare a terra attraverso spirali di colori, vibrazioni e ritmi che si sentono forti nelle vene.