Cosmetic – Conquiste

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“È la fine del giorno, è tutto inutile”. Le parole dei Cosmetic arrivano dritte all’anima armate di sottofondi noise-rock. Arrivano e lentamente ti conquistano, per poi lasciarti in balia della deriva musicale che pervade questi nostri tempi moderni.

Se in Non Siamo di Qui, il precedente disco del 2009, la musicalità maggiormente pop riusciva a penetrare più lentamente nell’animo, ora che anche il suono si è fatto crudo e sincero come le loro parole, inizi a chiederti quanto valga la pena continuare ad essere così legati al passato. Eppure non ti viene da pensare a una mancanza di originalità, ma più che altro a una condizione nostalgica, che a quanto pare si trasmette molto facilmente. Il disco è stato progettato immaginandolo immediatamente in una dimensione live, e, per ottenere questo sound, sono stati aiutati da Paolo Rossi al Waves Studio di Pesaro. Quindi la classica strumentazione chitarra, basso & batteria torna alla grande. Il sound si fa ancora più shoegaze, ruvido e caotico.
La voce tende a distaccarsi dal magma sottostante e si fa carica di riverbero, ricordando vagamente i Pale Saints, il basso sporco e carico di fuzz delimita ogni successione armonica facendosi uno degli elementi portanti di ogni canzone (basti ascoltare Per un Amico) e le chitarre, animate dall’eco degli anni ’90, si fanno incalzanti, noise, come nei The Pains Of Being Pure At Heart o, alle volte, depurate dalle onnipervasive distorsioni, caricandosi leggermente di flanger, si fanno limpide, come in La fine del giorno, similmente ai The Cure. C’è anche un ospite nel disco: Costanza Delle Rose, la voce dei Be Forest (rivelazione del revivalismo italiano 2011). Appare in due pezzi: il primo è Melly, dove le loro voci s’incrociano melanconicamente ricordando l’accoppiata Sara Mazo & Paolo Benvegnù dei grandiosi Scisma di Rosemary Plexiglass; il secondo è La fine del giorno.

L’impatto adolescenziale, emotivamente carico e di stampo baustelliano, cattura sicuramente (i pezzi migliori sicuramente Prima o Poi e Lo Spavento), ma il resto appare eccessivamente caotico, mancano quei bei momenti acustici come Ragazzo Crudele o i capolavori come Ehi, Sintonia che riuscivano a creare delle perfette pause nel bel mezzo di poderose esplosioni noise. Questo Conquiste, ahimè, è una lenta deflagrazione. Tutto implode e si mostra potentemente senza badare agli equilibri sonori nel complesso. Non avevamo alcun bisogno del pop dei The Cure ritoccato dai Jesus and Mary Chain; mi bastavano i Cosmetic. Quelli che sapevano narrare d’idiosincratici personaggi come Leandro o Carlo riuscendo a muoversi su basi musicali più variegate.