Attitudine e Visual: Dal 2004 a oggi gli Arbouretum, una delle band più particolari e apprezzabili della nuova scena musicale underground statunitense, hanno pubblicato ben cinque album, tutti targati Thrill Jockey, a partire dal disco d’esordio Long Live The Well-Doer, passando per lo splendido Rites Of Unconvering (2007), Song Of the Pearl (2008), le collaborazioni con i Pontiak (è del 2009 l’album Kale), fino all’ultimo capitolo The Gathering (2011). La musica del gruppo, un misto di nuovo e fresco folk rock con un occhio sempre rivolto ai grandi del passato, post stoner, blues oscuro e psichedelia, viene impeccabilmente riassunto sul palco del Circolo degli Artisti in una forma compositiva fumosa, compatta, potente e torbida a metà strada tra simmetria ed equilibrio ritmico e possenti ventate di puro rumore. È la penombra, assieme a una fitta coltre di fumo e a luci cupe blu e rosse a fare da contorno alla performance della band capitanata da Dave Heumann. Sono spesso unicamente le sagome di Heumann, J.V. Brian Carey (batteria), Matthew Pierce (tastiere e percussioni) e Corey Allender (basso) a essere percepibili, lasciando così ampio spazio alle particolari modulazioni vocali del leader e all’inconfondibile sound del gruppo tra feedback e opache strutture melodiche, frame caleidoscopiche ed esplosioni ritmiche, armonia strumentale e dilatazioni acustiche.
Audio: Un muro sonoro di grande impatto e potenza con i bassi a tratti troppo pompati e la voce spesso poco intellegibile, ma nel complesso molto buono.
Setlist: Un tripudio di brani che attraversano buona parte della discografia della band: New Scarab, St. Anthony’s Fire, False Spring, Another Hiding Place, The White Bird, Waxing Crescents, Song of the Nile, Tonight’s a Jewel, Destroying to save e Underneath the Arches. Meravigliosa infine la cover del brano scritto da Jimmy Webb, The Highwayman, e contenuta nel loro album The Gathering.
Pubblico: Pur essendo una band che vale davvero la pena di ascoltare live, il pubblico è davvero poco numeroso. Pochissimi eletti dunque che conoscono molto bene il gruppo americano e apprezzano con enfasi e trasporto le variazioni compositive proposte sul palco.
Locura: Travolti totalmente dai “fumi sonori”, i momenti di locura sono davvero impossibili.
Momento migliore: È il live nel suo complesso ad essere un unico, grande, lunghissimo ed affascinante momento fatto di visioni riverberate e penetranti.
Conclusioni: Gli Arbouretum riescono sapientemente a ricreare sul palco una giusta e coinvolgente miscela di melodia e fragore ritmico, mentre le note descrivono un viaggio rarefatto ed evocativo dall’anima “classica” e dal cuore “moderno”.