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12 Giugno 2012 | Domino Records | HotChip.co.uk |
Gli Hot Chip, gruppo di nerd con la passione per i sintetizzatori, sono stati capaci, con i primi due LP, di riportare in vita quanto fatto 30 anni prima da band come Kraftwerk e New Order adattandolo al contesto dei noughties. Nonostante ciò, in Made in the dark, loro terzo album, si avvertiva una stonatura.
La struttura era tenuta in piedi solo da un paio di buoni singoli ( vedi la hit Ready for the floor ) e da una produzione solida. Il rinnovamento era ormai urgente. Così la strada intrapresa con il successivo One life stand fu quella di un’ accentuazione della melodicità dei brani che, a tratti, sconfinava in sonorità indie-pop care ai Killers o agli ultimi Bloc Party. Ad uscire snaturato da tale operazione fu il DNA musicale della band. Arrivati ora al quinto album Alexis Tylor e soci hanno deciso di fare qualche passo indietro senza tentare un improbabile ritorno alle origini.
La scelta è stata quella di posizionarsi nel proprio habitat sonoro: Il synth-pop, sfornando questo In Our Heads che, senza voler sconvolgere l’ascoltatore, risulta comunque discreto e godibile. Il cambiamento è tangibile già in Motion Sickness, traccia iniziale, nella quale il gioco bassi-synth non è più asservito alla ricerca della melodicità assoluta. Le sviolinate dell’album precedente spariscono e con esse la voglia di intonare “ Are we human o are we dancer? “. How Do You Do? con quel loop che non stonerebbe in un vecchio gioco per Nintendo e Don’t Deny Your Heart con la sua coda funkeggiante meritano di essere citate come i due episodi meglio riusciti dell’ album. Gli Hot Chip convincono sia quando i BPM scendono (vedi Look At Where We Are o Now There is Nothing ) sia quando il ritmo si fa più ossessivo spingendosi fino al limite della Drum and Bass come in These Chains.
A completare il quadro ci sono l’ottimo singolo Night and Day con la linea di basso presa in prestito dagli Hercules And Love Affair ed alcune tracce trascurabili (Always Been Your Love è un ottimo esempio). Il risultato finale è buono, il talento compositivo non è mai stato messo in discussione semmai manca l’evoluzione del suono ma campare di rendita non è peccato se lo si fa con stile.