Attitudine e Visual: L’impatto c’è, innegabile. In pochi anni sono riusciti a costruirsi un culto anche grazie alla loro forza di stare su un palco. La scena è notevole: il logo della band, di richiamo psichedelico e molto sixties, campeggia alla destra del palco. Il turbinio di luci non è mai fastidioso, al contrario assai collaudato e “vestito su misura”. La band mostra una grande capacità scenica e stilistica già dalla presenza sul palco. Occhiali scuri, abbigliamento di tendenza e anche quel tono sfrontato tipicamente inglese; una linea di continuità anche nel modo di vivere il palco, che per i gruppi d’oltremanica deve esplodere con loro e con il loro show, senza mai essere qualcosa di distaccato e separato. Insomma stile classico, ma non nostalgico.
Audio: La location ha un merito indubbio: l’acustica è davvero ottima e nella Capitale non è facile trovare spazi aperti in grado di ospitare concerti di grandi numeri, e impatto che sostengano questa prova. Il suono della band è potente, esplosivo con Ian Matthews che picchia sulla batteria e tiene su tutta la band. Ottime anche le incursioni sonore della tromba. Una curiosità che risalta ad un ascolto attento è la similitudine tra le voci di Tom Meighan e Sergio Pizzorno che sul palco si sostengono e scambiano senza che in alcun modo ciò determini indecisioni sulla band.
Setlist: Con una precisione tipicamente inglese si presentano sul palco e attaccano con Days are Forgotten e Shoot the runner che scaldano subito l’ambiente, per poi tuffarsi nelle atmosfere psichedeliche dell’ultimo album. Nei pezzi più recenti sembra evidente una maggiore influenza di Pizzorno, impegnato maggiormente in una ricerca strumentale che coinvolge l’intera band, mentre all’inizio si giocava sulle evoluzioni vocali di Meighan.La scaletta corre veloce e ha i suoi picchi nella seconda parte del concerto con Club Foot, Re-wired, la splendida Goodbye Kiss e i classici incendiari Lost Souls Forever e Fire. Per chi ha avuto modo di seguire altri concerti del tour, si nota una certa monotonia nella scaletta, e forse una maggiore varietà che dia più spazio alle sensazioni della serata gioverebbe alla crescita della band, che ormai ha raccolto le redini lasciate da Oasis, Blur e gli altri alfieri del Britpop. Evitare di diventare icona è l’unico rischio da contenere; meglio mantenere una sbruffona genuinità mod style.
Momento Migliore: Forse il momento migliore è stato il finale. Meighan rimane solo sul palco e intona a cappella She Loves You dei Beatles, dedicandola al pubblico. Un brivido. Perché è l’omaggio riconosciuto ai padri nobili della musica inglese e non solo, e perché quel sound suona ancora così moderno al di là di chi lo interpreta. Coraggio e bravura.
Pubblico: Il richiamo che queste band inglesi hanno sulle nostre generazioni mi ha sempre affascinato. Perché il nostro pubblico è diverso da quello inglese. I ragazzi, di ieri e di oggi, trovano quel senso di sfrontatezza da strada che quei modi e quelle note sembrano interpretare oltre il passare degli anni. In Inghilterra queste band sono la passione anche di uno scrittore dai modi gentili come Nick Hornby. Casualità o irresistibile e immortale attrazione verso il paese che ha inventato i suoni e i colori del Pop. Dai Beatles ai Kasabian.
Locura: Atmosfera da Festival di Glastonbury con i ragazzi gonfi di birra come ad una partita di calcio della Premier League. Il finale ha visto sotto il palco una moltitudine di kids pogare sulle note di Switchblade Smile e Vlad the impaler, prima di abbassare i loro fisici su richiesta di Pizzorno per esplodere nel finale di Fire. Sudore, spallate e magari qualche discussione. Straordinaria voglia di non sentirsi parte di una vita da ritmi quotidiani.
Conclusioni: Anche per chi non è più adolescente fa bene tuffarsi nelle nuove generazioni di eroi musicali inglesi. Fa bene perché si rimane in scia. Si gustano suoni e atmosfere magari già sentite qualche anno fa, magari con protagonisti diversi. Forse questi sono più fascinosi o anche più bravi. Sicuramente i ragazzi ci sanno fare sia da un punto di vista artistico che scenico. Faranno strada e noi con loro.
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