Toy – Join The Dots

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I Toy si sono chiusi in una stanza fumosa e piena di laser per scrivere questo disco. A qualcuno basterà ascoltarlo in una fredda stanza di periferia per apprezzarlo?

Il primo disco dei Toy uscì alla fine del 2012, giusto in tempo per finire nelle classifiche dei musicomani più attenti e per sfuggire a quelli più distratti, che comunque ne parlavano a non finire lamentandosi dell’assenza di quel gran disco nelle proprie top10. A un anno di distanza, la band di Brighton è tornata con Join The Dots, e nonostante l’enorme opera di promozione precedente all’uscita, non è che abbia conquistato troppe posizioni nei cuori dei suddetti psicomusicofili con tendenze feticiste. E quindi?

E quindi è presto detto: Join The Dots non è all’altezza del suo predecessore. Nonostante la sua realizzazione abbia richiesto il doppio del tempo (ossia un mese) ai 5 giovani Toy, non ha pezzi indiscutibilmente rilevanti come ‘Motoring‘ o ‘Colours running out‘: sì, ci sono i songoli ‘Join the dots‘ e ‘It’s been so long‘, con la tipica combinazione toyana di psichedelia e motorik che tanto piace, ma sarebbero passati inosservati nel 2012. La produzione di Dan Carey non sembra aver contribuito ad esaltare i potenziali highlight del disco, che non sarà proprio da buttar via (anche ‘To far gone to know‘ merita una menzione), ma comunque trasuda iridescenti luoghi comuni della psichedelia inglese (su tutti, ‘See my friends’ dei Kinks) senza sfociare mai in qualcosa che sia dei Toy e di nessun altro.

L’unico modo per esaltarsi ascoltando questo disco è percepirlo come colonna sonora di un film assolutamente extramondano, ma è davvero così interessante straniarsi e partire per viaggi allucinogeni e allucinati in questo momento?

[schema type=”review” name=”Toy – Join The Dots” author=”Sara Manini” user_review=”3″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]