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11/04/2014 | avant! | bandcamp | ![]() |
Chi scrive, tempo fa, ha trascorso un post concerto in piena logorrea francese sostenendo l’importanza imprescindibile di una band di Marsiglia anni ’80. I tizi imprescindibili erano i Martin Dupont, collocabili, per capirci, nel filone cold wave dell’epoca. Gli sfortunati interlocutori erano invece i membri di un gruppo francese distante da quel suono come può esserlo un Emis Killa, per dire. Una dissertazione senza speranza, la mia, ma lì era solo per dire che certe storie e certi personaggi dovrebbero essere patrimoni nazionali delle nazioni orgogliose. Ora, veniamo ai Nun, che quel suono con i synth analogici e la voce gelida lo padroneggiano mica poi male.
Ma per venire davvero ai Nun occorre che si torni a Marsiglia un minuto e poi basta, giuro (lo dicevo anche quella sera). Il bello di quella band dimenticata, personale pietra di paragone per tutto il genere, stava nel far combaciare l’ossessività, la fabbrica, la chiesa sconsacrata e magari scoperchiata con un’ascesa pop, vertiginosa, elegante e superba fino a vette inarrivabili. Al primo ascolto i Nun (il singolo e video Evoke The Sleep oppure Terror Maze) mi sono parsi capaci di coprire in modo degno il lato tagliente della faccenda, molto meno il versante morbido: il burro in cui far scivolare la lama di cui evidentemente dispongono. Insomma, ottimi per la serata a volume altissimo, così così quando l’ascolto vorrebbe farsi più privato. Però a risentire per bene gli spettri di Subway e le dissonanze misurate di Uri Geller si può anche cambiare un po’ idea. I Nun sono più di quel che presentano nel biglietto da visita di una copertina urbana in bianco e nero.
Certo, dispiace che nell’album omonimo non sia incluso il primo singolo Solvents. La storia dei Nun parte da un negozio di dischi di una lontana Melbourne in cui si lavora (due quarti dei Nun, cioè Tom e la cantante Jenny), si vende, si ascolta, si condivide e si consiglia roba tipo i Christian Death e i Throbbing Gristle. Perché la musica è bene farla girare. Pensiamo a uno come Theophilus London che si è messo, tutto entusiasta, a coverizzare una cosa wave ’80 perché un tizio ha insistito a fargliela ascoltare. E siccome la cover è Take A Look dei Martin Dupont e il tizio insistente è Kanye West c’è sempre speranza che succedano cose non previste quando la musica gira.
[schema type=”review” name=”Nun – Nun” author=”Marco Bachini” user_review=”3″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]