The Eels @ Teatro Romano di Fiesole [17 luglio 2014]

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Attitudine e Visual

Una location a dir poco suggestiva, quella del Teatro Romano di Fiesole, perfetta nel suo essere depositaria di visioni archeologiche antiche incastonate nelle verdi distese di uno scenario ormai moderno, e quanto mai adatta a ospitare quella sovrastruttura musicale da sempre fatta di luci e ombre, autobiografie e dipartite, poesia e sofferenza che si cela dietro le composizioni degli Eels. Lo stesso Mr. E, nel suo raffinato abito grigio, sembra trovarsi a suo agio sul palco, svelando una sorta di allontanamento dai quei demoni neri del passato nelle sue movenze pacate e brillanti e nelle interazioni col pubblico, a metà strada tra umorismo malinconico e celata timidezza. Mark Oliver Everett, muovendosi tra pianoforte e chitarra, assume quasi le fattezze di un mattatore contemporaneo tra siparietti da “varietà” esilaranti, giorni della settimana che si confondo tra loro (“che giorno è oggi, giovedi? Scusate, pensavo di dover fare un monday-show. Per rimediare faremo un saturday-show…”) e affermazioni che lasciano il segno (“è strano vedere tutta questa bella gente che viene ad ascoltare un perdente come me..”). Accompagnato da una band eccezionale e impeccabile, in un continuo gioco di battute ironiche con il resto del gruppo, il live si fa ancora più intenso e coinvolgente rispetto alla solitaria dimensione acustica alla quale Mr. E ci aveva abituati nei precedenti concerti italiani. Tra sprazzi di fumo e fasci di luce che lambiscono gli alberi e le case intorno, tra contrabbasso, tromba, chitarre, pianoforte, batteria, vibrafono, timpani, campane tubulari e la “tenebrosa” sad machine (la pedal steel guitar così ribattezzata per l’occasione da Mr. E) l’atmosfera si fa retrò e il sound, pur conservando l’impatto tutto anni Novanta tipico della band, si muove in balia di un pop dolce amaro, di smanie jazzy e flebili bordate r’n’r, di destrutturazioni dal sapore bucolico e “popular” che si affacciano al blues e al country, di delicatezze sonore sublimate e ballate bizzarre.

Audio

Pulito e avvolgente quanto basta da riuscire ad avviluppare l’ascolto brano dopo brano, quasi a voler seguire l’intero diametro circolare dell’anfiteatro nella rifrazione stessa del suono.

Setlist

Grande spazio viene dato ai brani dell’ultimo ultimo album The Cautonary Tales Of Mark Oliver Everett (Where I’m At, Parallels, Lockdown Hurricane, Where I’m From, Gentlemen’s Choice, Where I’m Going) ma c’è anche spazio per tornare indietro nel tempo con l’album Daises Of The Galaxy (Grace Kelly Blues, It’s a Motherfucker, Daises Of The Galaxy, A Daisy Through Concrete, I Like Birds), con il disco Electro-Shock Blues (3 speed, Last Stop: This Town), con My Beloved Monster (da Beatiful Freak) e Fresh Feeling (da Souljacker) E ancora Mansion Of Los Feliz, In the Morning, A Line in The Dirt , I Like The Way This Is Going, That Look You Give That Guy e nel bis le cover Turn On Your Radio e Can’t Help Falling in Love.

Momento migliore

Non c’è nulla da fare…quando si fa un tuffo nel passato e si toccano pezzi storici della band come I Like Birds, trasformato per l’occasione in un brano super carico ed energico,  It’s a Motherfucker, Last Stop: This Town, My Beloved Monster e Fresh Feeling, non ce n’è per nessuno e l’apice emotivo è assicurato. Gli attimi migliori si raggiungono così: involontariamente e inconsapevolmente.

Pubblico

Un pubblico in visibilio soprattutto quando Mark Oliver Everett si lancia verso la platea per stringere casualmente gli spettatori in un abbraccio. Ritornato sul palco, Mr. E si renderà conto della “pericolosità” della sua azione…dichiarandolo apertamente.

Locura

L’ironia sempre elegante di Mr E. nelle sue interazioni con la band e con il pubblico e i “dangerous hugs” elargiti ai presenti.

Conclusioni

Un live a metà strada tra intimismo e brillante entertainment, ironia e dolcezza, dove, oltre alla musica degli Eels, sono i gesti, le interazioni, gli intenti e le emozioni a parlare. Un concerto che restituisce una sorta di dimensione quotidiana, colloquiale, quella da commedia americana con un Mr. E amico da confortare e con cui dialogare, mentre i suoni esorcizzano ferite lontane e si propagano nell’aria aprendo un varco nel cuore dei presenti.