Dardust – 7

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Certe cose accadono quando la coscienza te lo sussurra. Proprio in quel momento capisci che è ora di partire: sia questo un viaggio verso una crescita interiore, o la manifestazione di un’avvenuta maturità artistica. Dopo anni di songwriting, anche Dario Faini ha deciso di creare qualcosa di totalmente suo che eludesse il concetto di Pop music tout court.

Per fare questo, l’unico metodo infallibile è quello di appellarsi alle proprie passioni, e quelle di Dario rispondono al nome di Chopin, Shostakovic e Vivaldi. Ma non solo. In questo “7” a farla da padrone sono le sensazioni. Nulla che possa ricordare un mero esercizio di stile; per il nostro, l’insieme e l’immaginario giocano una parte fondamentale nella riuscita di un’opera. Certo, le influenze sono quelle della scena Neo-Classica, segnatamente Islandese e Tedesca, popolata da artisti come Olafur Arnalds e Nils Frahm, qualcosa che giochi sui silenzi e sui timidi rintocchi di pianoforte. Cambia il target di riferimento, votato a quello che lui stesso chiama “Pop Strumentale” motivo per il quale ha deciso di scegliere tre brani veicolandoli come singoli veri e propri.

L’opera si compone di sette movimenti che si legano in un abbraccio Pop, guidati da pianoforte, Synth e da un’elettronica d’avanguardia minimale. Registrato nella suggestiva atmosfera dei Funk House Studios, vede la collaborazione con tutta una corona di personaggi che nel loro piccolo hanno aiutato l’opera a divenire quella splendida fusione di stili che rappresenta. Parliamo di Vanni Casagrande, con cui il nostro ha costruito l’impianto ritmico, Carmelo Patti ed i suoi soundscape di archi, e Francesco Donadello al mastering.

Un’ipotetica trilogia ispirata alle città che Dario porta nel cuore e che vede come perfetti scenari per le proprie composizioni. Sia Berlino per l’aver già ispirato un certo David Bowie – Presente indirettamente in Sunset On M, tributo alla pellicola di Nicholas Roeg “L’uomo Che Cadde Sulla Terra” dove lo stesso Bowie recitava la parte dell’alieno Ndr – oppure Londra, patria di Radiohead e Jon Hopkins, passando per  l’Islanda di Bjork, Sigur Ros e ovviamente Olafur Arnalds.
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