The Sonics – This Is The Sonics

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Dopo la deflagrazione di “Here Are The Sonics” e “Sonics Boom” scomparvero; sebbene i segni dell’impatto del loro Garage-Rock sulla scena musicale siano ancora visibili a cinquant’anni di distanza. Un cratere che puzza di zolfo e stricnina. Anti-divi, precursori di quel genuino spirito “punk” a volte fin troppo abusato nei decenni successivi, i The Sonics tornano nuovamente ed incredibilmente a far danni.

Non si parlarono per quarant’anni né tantomeno ebbero l’occasione di esibirsi insieme. Quasi vittime di una pasticca di roipnol dall’incredibile durata, si trasformarono nell’uomo della strada. Leggende alle prese con società di pavimentazione (Gerry Roslie), compagnie assicurative e voli di linea (Rob Lind). Una storia che non poteva, né doveva finire così. Infatti, il fuoco si riaccese all’improvviso nell’inverno del 2007 nella cornice del Cavestomp, il festival Garage-Rock tenutosi a Brooklyn in Novembre. Dovettero imparare a suonare nuovamente i propri strumenti, e non fu facile, nemmeno per chi suona caricato a plutonio.

Il risultato, registrato nel giro di quattro giorni, rigorosamente in mono è questo This Is The Sonics. Una bordata Garage-Punk che in un colpo solo manda a stendere tutto il panorama musicale di genere. Tutto. Come se degli dei magnanimi fossero scesi dal cielo in un giorno plumbeo, sferragliando, illuminando l’orizzonte mediante le scintille scaturite dall’impatto con l’attuale scena musicale di genere. Sono loro, in tutto e per tutto, con la stessa vecchia formula incendiaria acquisita nel garage della famiglia Parypa. Chiunque si professi garage-rocker, non può non essersi cosparso di pelle d’oca all’attacco di “I Don’t Need No Doctor“. Non può non aver pogato con il fantasma di Little Richards durante “Bad Batty“. E licantropo essersi rivolto ululante verso una luna dalle fattezze di Jerry Lee Lewis (Sugaree). L’omaggio a Eddie Holland (Quella “Living Here” coverizzata un po’ da chiunque, ma che qui trova forse la sua dimensione migliore) è un cammeo finissimo e la blueseggianteSave The Planet” porta la cifra artistica dei nostri, se possibile, verso una commistione inedita ma di grande auspicio per il futuro (?!). Se volete di più, smettete di ascoltare la musica.