Attitudine e visual
Bisogna dire che la location può sembrare inconsueta per concerti di musica rock, ma in questo caso invece la resa è davvero ottima. Un po’ per merito di chi si è occupato dell’allestimento dello stage, assolutamente ottima la componente luci ed effetti speciali, che si sono notati specialmente nella seconda parte del concerto. Emozionanti i video che hanno campeggiato alle spalle della band in ricordo degli ex componenti Chris Squire e Peter Banks. Molto effetto lo ha fatto anche la presenza scenica della band, sempre degna anche se l’effetto nostalgia o revival a volte è stato eccessivo.
Audio
Indubbiamente il Teatro Olimpico ha un acustica tarata sulla recitazione, ma in questo caso, le evoluzioni sonore di Howe e compagni sono riuscite a farsi cullare nello spazio teatrale. In particolare modo le tastiere suonate da Geoff Downes e il basso di Billy Sherwood sono sempre state al centro dell’ascolto. Più che buona anche la resa acustica di Howe nella sua Mood for a day.
Pubblico
Il pubblico, forse, è stato l’elemento che più ha accentuato l’effetto pathos dell’intero concerto. Persone attempate che rimpiangevano gli Yes di inizio carriera. E forse non si rassegnavano al fatto che la musica proposta dagli Yes, come tutto quel filone progressive degli anni settanta sembra ormai avvertire le rughe del tempo. D’altronde tra quegli anni e oggi ci sono state le due rivoluzioni del punk e del grunge che hanno stravolto in senso positivo il mondo della musica rock. Eppure c’è chi ancora non si rassegna al tempo che fu.
Locura
Steve Howe è stato visibilmente infastidito in più momenti del concerto dalle riprese con flash fatte con i cellulari e più volte ha fatto cenno di finirla. Ma purtroppo la sensibilità di certi fax sembra di pietra. La cosa curiosa è che quelli più fissati con questo genere di fanatismo sembrano i signori più avanti con l’età. Comunque il buon Howe non sembra avere gradito.
Momento migliore
La mia è una valutazione strettamente personale: tra i due momenti dello show, incentrato principalmente sui due album Drama e Fragile, chi vi scrive preferisce di gran lunga il secondo. E questo perché in pezzi come Roundabout, Heart of Sunrise o We can heaven sono ancora molto forti le influenze di quella psichedelica di fine anni sessanta che è stata il motore pulsante della nascente musica progressive inglese, insieme alla scuola di Canterbury. Eccezionale il bis con il classico Starship Tropea.
Conclusioni
Dal punto di vista tecnico non c’è nulla da dire. Steve Howe, nonostante l’avanzare dell’età e una eccessiva magrezza sembra mantenere su un livello alto la sua tecnica. E così anche gli altri componenti della band. L’unica perplessità sta nel fatto che sembra un concerto un po’ decontestualizzato da quello che esprime la musica rock oggi. E lo dico senza mancare di rispetto. Ma quel tipo di sonorità oggi suona molto datato. Senza nulla togliere alla grandezza di una band che segnò un’epoca. Appunto un’epoca.