Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
1980 | Mercury |
Fra gli astri più splendenti del panorama britannico a cavallo della fine degli anni ’70, i Teardop Explodes nella loro pur breve carriera hanno saputo imprimere un impronta indelebile nell’ambito della scena Post-Punk. Più che un gruppo vero e proprio, l’entità Teardrop Explodes altro non era che il primo, vero e proprio mezzo di espressione artistica di una delle figure più eccentriche e bizzarre della musica britannica, il gallese Julian Cope – poi destinato a una sfolgorante quanto intensa carriera solista.
La maggior parte delle band verso il 1978 stava dando vita a nuove scene originate dal progressivo esaurirsi dell’onda d’urto Punk: nacquero così i due rami principali dell’era Post Punk. Il movimento Neo-Romantico, che avrebbe visto in gente come gli Ultravox – ben poco stimati dal signor Cope – e il movimento Dark che grazie a gruppi di fondamentale importanza come i Joy Division di Ian Curtis divennero un riferimento fondamentale per Cope e soci.
Julian Cope, Gary Dwyer, David Balfe e Alan Gill erano dei Punk a tutti gli effetti, provenienti dall’incandescente scena di Liverpool i ragazzi possedevano influenze assai variegate; dagli Stooges dell’idolo Iggy Pop all’attitudine tanto amata dei Sex Pistols di Johnny Rotten. Dalle deviazioni mentali del Syd Barrett solista ai deliri Krautrock di Can e Faust, passando per le divagazioni psichedeliche di gruppi come The Chocolate Watchband piuttosto che gli immensi 13th Floor Elevators.
L’attitudine e la filosofia psichedelica, parte dalla nascita setta della ragione sociale “Teardrop Explodes”: i quattro volevano un nome lungo e senza alcun senso apparente, che fosse un omaggio e un esplicito riferimento ai loro idoli psichedelici, e fu per questo che, in maniera puramente casuale, estrapolarono la frase “The Teardrop Explodes” da un vecchio numero del fumetto della collana: “Daredevil”. Un nome nato per caso, ammesso che le cose succedano davvero per caso, perché Julian ci racconta qualcosa di simile a proposito del nome del loro primo album:
“Era un momento importante per la band. Dopo una serie di 45 giri di successo stavamo per pubblicare il nostro primo LP, ma quelli che riuscivamo a concepire erano solo nomi stupidi; ad un certo punto, Les, degli amici/rivali Echo and the Bunnymen se ne uscì con: “Kilimanjaro”. La mozione fu subito approvata, per la stranezza e il senso di esotico della proposta”
Il titolo scartato in questa fase iniziale “Everybody wants to shag… The Teardrop Explodes”, fu in ogni caso riutilizzato per una raccolta postuma del 1990. Nel 1980, “Kilimanjaro” ottenne un successo strepitoso, arrivando ai piani alti delle chart britanniche, trainato da singoli di successo quali le elettrizzanti “Treason” e “Reward”, oltre che a brani al fulmicotone come “Sleeping gas”. Quest’ultimo, rilasciato dall’etichetta underground “Zoo“, portò i Teardrop all’attenzione del pubblico britannico mediante una perfetta combinazione di Punk e Synth-Pop.
Oltre alle varie influenze che hanno definito il sound della band, gran parte del merito del loro improvviso e inatteso successo è da attribuirsi alla carismatica figura di Julian Cope, molto più di un semplice cantante/bassista. Un istrione, un sacerdote, anzi, un druido – tanto per accennare alle sue pubblicazioni sulle civiltà megalitiche della preistoria europea –, qualcuno in grado di trasmettere tutta la sua folle e sregolata genialità agli undici brani che compongono il disco. A riprova di questo, basti ascoltare brani del calibro di “Ha ha I’m drowning” – una sorta bizzarra e ironica canzone d’amore –, o “Brave boys keep their promises”. Non possiamo ad ogni modo esimerci dal ricordare brani come “Books”, ottimo esempio di Synth-Pop primordiale scritto a quattro mani da Julian assieme all’amato/odiato Ian McCulloch, o ancora la splendida “The Thief of Baghdad” con le sue atmosfere ammalianti ed esotiche pur nella loro semplicità.
“Kilimanjaro” è nel complesso un album fondamentale per capire il passaggio di consegne fra due epoche, un momento importante e allo stesso tempo controverso, in cui Punk, Psichedelia e Pop Music viaggiano a braccetto come mai prima. Forse è stato anche per questo che i Teardrop Explodes furono destinati a vita breve: troppo grande è stato l’impatto di questo disco su un’intera scena, tanto che il pur valido successore “Wilder” – che pur aveva ovviato ad alcuni eccessi di ruvidezza percepibili in “Kilimanjaro” –, non fu ritenuto all’altezza da pubblico e critica, creando non pochi problemi ai quattro membri del gruppo.
Una caduta improvvisa dall’altare alla polvere, almeno in fatto di copie vendute: un andamento che sarà pressoché costante nella carriera solista di Julian Cope. Discesa che culmina il 15 novembre 1982 con lo scioglimento del gruppo. Rimane la certezza, nostra e loro, di aver attraversato una tappa assolutamente necessaria per lo sviluppo delle splendide carriere soliste di Cope e Balfe – che in veste di manager della propria label lanciò nientemeno che i Blur.
Possiamo quindi ascoltare “Kilimanjaro” consapevoli di avere nello stereo un album fondamentale, non una semplice meteora nel panorama di genere. L’ottima riedizione della Mercury contiene come tracce bonus un vecchio EP uscito per il mercato giapponese, comprendente versioni interessanti di quattro brani già inclusi sul vecchio LP, e soprattutto due brani come “Strange house in the snow” e l’ammaliante “Kilimanjaro”, con cui i Teardrop erano soliti aprire i propri show.