Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
1969 | Decca | rollingstones.com | ![]() |
Era il novembre del 1969 e un decennio che sarebbe rimasto nella storia del Rock stava per concludersi. «Chiudiamolo in bellezza!» avranno pensato Mick, Keith e il resto dei Rolling Stones, che nel frattempo sono diventati delle star di livello mondiale.
Tuttavia la fine degli anni ’60 si rivelò un periodo difficile per gli Stones: Brian Jones, che ebbe un ruolo non secondario nella realizzazione di alcuni capolavori della band, abbandonò il gruppo – pare per questioni personali interne alla band – e fu trovato morto il 3 luglio 1969, misteriosamente annegato nella sua piscina. Dopo un concerto-tributo in suo onore, tenutosi due giorni dopo a Hyde Park, la band di Mick Jagger tornò a lavorare sull’album. Jones fu rimpiazzato da Mick Taylor, già al lavoro con John Mayall, che tuttavia suona solo in due tracce.
“Let It Bleed” esce verso la fine dell’anno. Qui, Jagger e Richards, le due menti del gruppo, proseguono il percorso iniziato con “Beggars Banquet”, omaggiando il Rock americano e il Blues: la chitarra di Keith e l’armonica di Mick saranno gli elementi fondamentali che renderanno l’opera quel capolavoro che tutti conosciamo.
“THIS RECORD SHOULD BE PLAYED LOUD”
Così recava scritto la cover dell’album, che si apre con uno dei migliori anthem Rock mai realizzati dagli Stones, l’apocalittica “Gimme Shelter”: la voce di Mick, esplosiva più del solito, è qui coadiuvata dalla brava Merry Clayton – singer dalla voce calda di matrice Soul – e da una chitarra, di Keith, semplicemente perfetta, capace di anticipare a tratti il venturo Hard Rock. Un pezzo intriso di pessimismo che molti hanno visto come una sarcastica protesta contro i tristi eventi che si profilavano verso la fine degli anni ’60, la guerra del Vietnam in primis.
La seconda traccia è una cover di uno dei grandi maestri del Blues, il leggendario Robert Johnson. Il ruolo di Bluesman sembra proprio calzare a Jagger, che si cala nella parte con un’interpretazione ineccepibile – così come Richards si esalta alla slide rivelando tutto il suo amore per il Blues del delta. Un ulteriore omaggio alla tradizione americana è rappresentato da “Country Honk”, che altro non è se non una riuscita rielaborazione Country di “Honky tonk woman” con tanto di violino!
L’ironica e a tratti acida (a livello di testi) “Live with me” è un pezzo di puro e semplice Rock‘n’Roll esaltato dal piano di Nicky Hopkins e Leon Russell, e dal sax di Bobby Keys.“Let It Bleed” è un album nel quale si respirano tantissime influenze di matrice statunitense, come la stessa title track ci suggerisce. Anche qui troviamo un Keith Richards in stato di grazia, capace di rubare addirittura la scena ad un Jagger sopra le righe per un pezzo che sa di genuino Country/Blues.
Un bel giro di basso di Bill Wyman e l’armonica di Mick Jagger caratterizzano la notturna e suggestiva “Midnight Rambler”. In “You got the Silver” scopriamo le doti canore del buon Keith – ennesima riprova della perizia del nostro chitarrista in ambito Blues. “Monkey man” è un’altra anticipazione di quella ruvida impronta Hard che farà la fortuna di band leggendarie come i Led Zeppelin. “You can’t always get what you want” è invece un lungo pezzo melodico di oltre sette minuti in cui troviamo la presenza del London Bach Choir e di Al Kooper, noto Folk-rocker britannico che qui suona il corno: la sua presenza nel pezzo è dovuta a Brian Jones che lo incontrò fuori dagli studios dove stavano registrando l’album e lo coinvolse nella stesura di questo pezzo, rimanendone fuori egli stesso!
Un pezzo che rappresenta una conclusione altisonante, e un pizzico amara, per l’album e per gli stessi anni ’60. I Rolling Stones con quest’album si confermano come la band Rock per eccellenza e gettano le basi per lo sviluppo del genere, oltre ovviamente ad aver raggiunto uno dei tanti apici nella loro sfolgorante carriera.