Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
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10 giugno 2016 | blackest ever black | ![]() |
C’è qualcosa di straniante e confortante in “Coax”; una sorta di impercettibile tepore che scaturisce da tutta una sequenza di inanimate pulsazioni, da piccoli e freddi black-out. Straniante è il provare empatia per piccole vibrazioni terribili e per niente rassicuranti, trovare un parallelo emozionale con una gamma di sonorità che vanno esattamente nella direzione opposta delle affinità umane; meravigliarsi perché gli aliti della morte non provengano da niente che possa custodire, anche in maniera embrionale, qualsiasi forma di vita.
“Tooth” è la seconda fatica dei Raime, duo londinese che aveva sorpreso qualche anno fa tutto il mondo dark, insinuandosi nelle orecchie di chi era propenso a ingerire qualsiasi sonorità cupa: dal Post-Core alla Techno. Rilasciato diligentemente sotto la Blackest Ever Black Records ( Vatican Shadows e Tropic of Cancer), questa prova si discosta nettamente dal precedente debutto: tutti i brani sono tracciati da un grandissimo ma impalpabile monolite, effimeri contorni tratteggiati che avvolgono il fruitore asfissiandolo con la suspense.
Una costante melodia cacofonica che ondeggia sempre fra le stesse quattro o cinque note, variando per gravità di suono, per impatto fisico e psichico, saturazioni acustiche, immobili amplessi, costanti e temibili crescendo.
Non c’è più niente di quello sporco drone degli esordi, la componente rumoristica non è graffiata, polverosa e abrasiva. Gli elementi di mistero e di incognita non risiedono più nell’ombra e nel buio ma sono così palesi e irrorati di luce che tornano ad essere invisibili a causa del processo inverso, a causa dell’accecamento.
“Tutto ciò che fa parte del DNA Dub-Techno, Garage/Grime e Post-Hardcore si è congiunto insieme ad una nuova forma lucida e predatrice”.
Le chitarre diventano percussioni tribali, le corde pizzicate diventano battute, qualunque scia di synth è un freddo strappo di bisturi che lacera senza causare lesioni; la drum-machine causa delle incalcolabili instabilità mentre la bellezza e la purezza di ogni suono si rispecchia nella perfezione immanente della morte. Kenofobia allo stato puro.