Ben Seretan – Bowl of Plums

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Ben Seretan è un ragazzone decisamente a modo suo. Nel suo sito troviamo dodici biografie differenti, sicuramente la più interessante è quella relativa all’ ”Athletic Bio”, nella quale la descrizione è: n/a. Autoironia voto 10. Pubblica un album, questo Bowl of Plums, carico di concetti, di significati, di attimi. Il primo brano mette alla prova l’ascoltatore: “You Took my Blues Away” parte stonata, scomoda per continuare travolgente con tutti gli strumenti. Le chitarre si intrecciano ai suoni ambientali, la voce si fa calda per poi diventare pungente, a tratti vicino a Billy Corgan – “Cottonwood Tree” e “Bowl of Plums“, in quest’ultima soprattutto nella strofa.

La sua ecletticità lo porta a ripetere parole, versi, quasi continuamente, in un vortice ipnotico, focalizzando l’attenzione dell’ascoltatore non solo sul testo, ma su tutto ciò che c’è intorno. Ben Seretan ci mostra delle composizioni particolari, un po’ Blues, un po’ acustiche, dove spiccano parti chitarristiche di rara bellezza. “Getting Out” è uno dei risultati: molte parole e versi ripetuti che lasciano intravedere la brillantezza del suo suonare la chitarra. “In a Twin Bed” e “You are on the Water” rientrano nella stessa categoria, pur essendo brani brevi e composti da pochi strumenti, con il secondo che vede il pianoforte sugli scudi. “I Like Your Size”, brano di chiusura dell’album, è un discorso tra se e se, fatto in camera quando l’unica cosa a farti compagnia è la chitarra.

Descrivere la sua musica è veramente complesso, c’è del Jazz in “My Lucky Stars pt.2” dove riecheggiano inizialmente suoni legati ai vari progetti di Justin Vernon – dai Bon Iver ai Volcano Choir –, confluendo in un finale dinamico, tipico di Seretan, dove la melodia subisce un’altalena fatta di salite e dicese. Le emozioni si fanno imprevedibili in “Blood in a Muzzle“, dove compaiono cori femminili che permettono una riuscita maggiore del brano.

Nella sua biografia parla delle sei cose delle quali non può fare a meno: “The six things I can’t live without are whiskey, hot sauce, seltzer, my Doc Martens, my telecaster, and tote bags”. Regalandoci l’immagine di un ragazzone mentre canta “Kudzu” in falsetto con una bottiglia di whiskey in una mano e un hot dog con la salsa piccante nell’altra, immagine alquanto particolare, come il personaggio del resto.

Si finisce di ascoltare l’album non accorgendosene; i brani durano poco, ma trasmettono molto. Esce tutta la personalità di Ben Seretan, tutta la sua voglia di evasione, di scherzare e di non prendere troppo sul serio le cose: “Not looking for anything serious, just looking for a little fun”. Niente di meglio da ascoltare nelle serate estive.

About Massimiliano Barulli

Studente di Etnomusicologia @ La Sapienza, Roma. Mi interesso di tutto ciò che ruota intorno alla Musica e di tutto ciò che è Musica. Pop, Rock, Blues, Indie, World Music e contaminazioni.