Matteo Vallicelli – Primo

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Un’infanzia a contatto con i dipinti – il padre è insegnante di storia dell’arte –, poi nel 2013 il trasferimento a Berlino e la smania per il synth. Matteo Vallicelli è il batterista in sede live dei The Soft Moon , membro dei Death Index, nonché il primo italiano ad incidere per Captured Tracks. Ma andiamo per gradi, perché se alla fine arrivi ad aprire i concerti di Trentemøller un motivo c’è, eccome.

Lui batterista sopraffino – chiedete a Luis Vasquez (The Soft Moon) –, arrivato nella capitale tedesca per chissà quali dinamiche di vita, scopre la bellezza dell’agire in solitudine: scoraggiato dalle difficoltà nel reperire gli elementi per comporre una band. Così, grazie al rinomato contesto musicale berlinese, s’appassiona a tutte quelle dinamiche che ruotano attorno al sintetizzatore. Ne diventa appassionato, sfruttando l’amicizia con l’etichetta di Brooklyn – approfondita grazie all’esperienza con i Soft Moon – che decide di buon grado (vista la qualità) di dare alle stampe “Primo“.

Ma non crediate che l’evasione dalla realtà italica, coincida con un rifiuto delle radici culturali autoctone. Dalla Romagna (é di Forlì) porta con sé la passione per il cinema – il video di “Giungla Elettrica” è un tributo all’arte di Fellini –, mentre la cover dell’album rappresenta un omaggio a Caravaggio – avete presente quella mano? Ma non solo, Matteo nei suoi quindici anni dedicati alla batteria ha approfondito artisti del calibro di Morricone e Nino Rota, appassionandosi poi al cantautorato di BattistiBattiato e Piero Umiliani.

Dunque, il passaggio dal sedere sulla batteria di formazioni Punk (prima) e Post-Punk (dopo), per giungere all’elettronica minimalista non è stato propriamente immediato – sicuramente le esperienze pregresse si sono rivelate fondamentali nel conseguimento di una propria dimensione artistica solista. Talvolta il punto di partenza è la Techno – come accade in “Michelangelo” e “Frammenti” –, qui manipolata per sottrazione attraverso un lavoro di cesello. Primo è un album che vive di elementi percussivi – e non potrebbe essere altrimenti visto il trascorso – disposti in maniera da comporre vere e proprie suite, talvolta dal retrogusto  notturno (“Nuova Notte“), descrittive di un viaggio astrale (“Il Balletto Delle Stelle“). “Lausitzer Platz” ricorda gli ultimi lavori del grande Ron Morelli – se non l’avete ancora fatto date un bell’ascolto all’ultimo “A Gathering Together” –, mentre la conclusiva “Ore di Tempesta” si espande attraverso un tappeto cerebrale ansioso: descrittivo di un momento d’attesa. Da non perdere.

Data:
Album:
Matteo Vallicelli - Primo
Voto:
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