The Obsessed – Sacred

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Talvolta per soldi, altre per cause di forza maggiore, le band si riformano. Ve li ricordate i The Obsessed? Come dimenticarli, anche al netto di una discografia ferma a 23 anni fa – con “The Church Within” (1994).

Far di necessità virtù. Dev’essere proprio questo il motto del buon Scott “Wino” Weinrich, che dopo l’arresto in Norvegia ed il successivo divieto d’ingresso in Europa (mentre era in tour con i Saint Vitus), non si perde d’animo e riparte da zero: ovviamente ridestando la sua seconda creatura.

I The Obsessed compaiono il 14 Aprile 2012 al Roadburn Festival, ma bisognerà aspettare qualche anno perché tutto questo produca un nuovo full length. Infatti è solo nel Febbraio 2016 che Wino ufficializza il cambio di moniker dei suoi Spirit Caravan in The Obsessed. Così con una ragione sociale d’impatto – parliamo di Weinrich alla chitarra/voce, Brian Costantino alla batteria e Reid Raley al basso –, cominciano a lavorare sulle nuove sonorità.

Entrano in studio in compagnia di Frank “The Punisher” Marchand, con il preciso intento di diversificare la proposta storica della band; cosa che gli riuscirà solo in parte. Un disco a due velocità il nuovo “Sacred“, che ben esordisce sull’asse Pentagram/Black Sabbath (“Sodden Jackal“), ma che già al secondo episodio (l’ottimo singolo “Punk Crusher“) mostra quel cambio di sonorità – qui si calzanti –, che avremmo gustato volentieri anche nella seconda parte del lavoro.

L’omonima “Sacred” torna sul tracciato sfoggiando un ghigno malefico d’altri tempi; mettendo sugli scudi Ozzy e il Doom (forse uno dei brani più riusciti), mentre l’afflato del compianto Lemmy (Motorhead) benedice i nostri durante la sprezzante “Haywire” – influenza di cui beneficia anche la sopracitata “Punk Crusher“.

Poi qualcosa si perde. Proprio quando ci stavamo credendo. E’ un vento Hard-Rock quello che trascina l’acre miasma della naftalina, così fuorviante da segnare una linea di demarcazione netta fra abisso ed air guitar, spaccando a metà l’album – segnatamente da “It’s Only Money” e la vanesia “Cold Blood“.

La paracula (fin dal titolo) “Stranger Things” pesca ancora più in profondità, andando a mutuare un’estetica sonora che forse non avrebbe attecchito neppure ai tempi d’oro della cotonatura (o forse si?); e nel suo refrain melodico risiede tutto il concetto alla base di una varietà compositiva fortemente voluta ma che troppo spesso perde il bandolo della matassa.

Hard-Rock o morte. Così sembra gridare un redivivo Steven Tyler in “Razor Wire“; e mentre una parata di bandane e lustrini ci sfila davanti, decidiamo di lasciarci guidare dalla corrente, a corpo morto, sognando il mistero, la crudezza degli esordi, la compattezza e sicuramente l’oscurità.

Data:
Album:
The Obsessed - Sacred
Voto:
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