UNKLE – The Road: Part 1

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James Lavelle, nome che si cela dietro il multiforme progetto UNKLE, da sempre si prodiga all’unione di quanto più eterogeneo, e lo fa raccogliendo nomi importanti della scena rock, elettronica e rap. L’esordio Psyence Fiction vantava tra le varie collaborazioni quella di Richard Ashcroft e Thom Yorke. Così la carriera del gruppo è stato un continuo rinnovamento, realizzatosi attraverso cambi nella formazione e voci solamente in visita, fino all’EP Only the Lonely, del 2011, con la presenza Nick Cave e Gavin Clark. Tutte queste voci però si sono poi spente, inaspettatamente, fino ad oggi che il progetto The Road prende forma, nella sua prima parte. In questi anni, Lavelle non si è fermato, del resto chi a diciotto anni riesce a fondare la Mo’Wax (sulla cui storia è stato di recente realizzato il documentario dal titolo The Man from Mo’Wax), etichetta discografica di riferimento per artisti come DJ Krush e DJ Shadow, non è possibile immaginarselo in una versione statica: un po’ la vita privata che fiorisce, e un po’ altri progetti, come l’organizzazione di una mostra dedicata a Stanley Kubrick.

Con questo nuovo lavoro Lavelle resuscita la macchina UNKLE e la tramuta in un lavoro dal respiro metafisico e astratto. Nella copertina scompaiono i volti femminili come le grafiche underground, ma spicca un disegno che sembrerebbe uscito dalle mani di un Magritte darwinista (per le stessa presenza contaminata del biologo britannico, si potrebbe anche ricordare il brano Natural Selection, contenuto in Where Did the Night Fall). Le composizioni di quest’ultimo lavoro si rispecchiano nella stessa matrice colorata e sottomessa: Have you looked at yourself? And have you thought about the mistakes you’ve made?, recita l’apertura di The Road: Part 1.

La strada in questione è mediamente lunga, un’ora di percorso ininterrotto, accompagnato dalla presenza di autori come ESKA, Keaton Henson, Elliott Power e l’amico di vecchia data Mark Lanegan, il quale già aveva collaborato con gli UNKLE nella canzone Another Night Out. Qui il cantautore statunitense si ritrova perfettamente nel suo ultimo ambiente maggiormente elettronico: distanze e ritmi lenti in stile The Lonely Night, brano in collaborazione con Moby. Anche le altre partecipazioni al disco spesso risultano in accostamenti contrastanti: a quanto pare è il marchio degli UNKLE, quello di essere inaspettati. Di contraddizioni giocano Cowboys or Indians e Sunrise (Always Comes Around) nella loro alternanza classico-elettronico, sempre con attenzione maniacale a un ritmo dettato da bassi definiti. I The Beatles scambiano quattro chiacchiere con i Django Django in The Road. La sorpresa più piacevole però è forse Keaton Henson, da menestrello a re del groove. Sonata, pezzo scritto in collaborazione con quest’ultimo è un meraviglioso crescendo di voci inesistenti e fiabesche accompagnate al pianoforte, in grado di trasformarsi in demoni elettronici in un disperato climax in perfetto stile Radiohead. La dimensione rap rimane piuttosto di secondo piano, emergendo appieno solamente in Stole Enough.

Il risultato di tutti questi accostamenti è un disco variopinto, ricco, mai ripetitivo sebbene coeso e pieno di spunti. Recentemente Lavelle ha sostenuto che il presente lavoro doveva segnare un suo personale ritorno al passato, ma anche in questo caso il pioniere del trip-hop non è riuscito a non essere che un punto di riferimento prima di tutto per il futuro.