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22 settembre 2017 | neurot recordings | ufomammut.com |
Fiore all’occhiello della scena doom-stoner italiana, da qualche anno gli Ufomammut fanno parte della corona di artisti che incide per la Neurot Recordings: segnatamente da quando, nel 2012, sfornarono il doppio album “Oro”. Da allora la consacrazione al mondo intero.
Un’iconografia fortissima, fatta di decorazioni art-nouveau, poster horror/sci-fi di serie B e codificazioni aliene: un ricco puzzle artistico capace di introdurre ad un modus operandi che trascende la musica. Gli Ufomammut e il collettivo Malleus – che da sempre cura gli artwork della band – come due lati della stessa medaglia: cresciuti e maturati insieme.
Anche questa volta, dietro alla maniacale attenzione per l’aspetto grafico, si cela un album che differisce dai precedenti utilizzando i medesimi ingredienti. Massicce dosi di Black Sabbath e Sleep vengono così dilatate al massimo nel tentativo (riuscito) di raggiungere il cosmo più profondo. Lunghi viaggi notturni in assenza di gravità, e riff saturi di fuzz, contribuiscono al raggiungimento di un’atmosfera rarefatta che s’avvicina a quella di una jam-session.
Infatti, “8” è stato registrato in presa diretta per favorirne l’impatto selvatico: qui l’interessante making of che spiega a tutti gli smanettoni stoner-addicted i trucchetti nascosti dietro quest’album.
Meditazioni astrali, lunghi mantra orientali e atmosfere che provengono da un altro mondo, rimangono sugli scudi in compagnia delle potenti strutture chitarristiche. Parliamo di preghiere al Dio Horus che finiscono in un pandemonio schizofrenico (“Core”) e di viaggi extracorporei verso lo spazio più profondo (“Zodiac”). Voci che diventano mantra (“Prismaze”), dove il continuo ciclo di vita dei riff arriva al kali-yuga e al collasso sonoro. Magistrale anche la conclusiva “Psyrcle”, che condensa interruzioni sonore, fischi e laser marziali, per poi concludersi in un’apocalisse annunciata.
Una colonna sonora per il passaggio meditativo fra la terra e il cielo; la messa in musica di uno stato di trance che abbandona il tangibile per raggiungere l’invisibile e viceversa, in un vortice senza fine. Gorgo creativo di sonorità esotiche (allungate all’infinito) che incontra mondi e culture estranee, condensandosi in questo paradosso di comunicazione. Sonorità extraterrestri filtrate da secoli di civiltà antiche e tradotte in 8 maledette tracce.