Gazzè, Max – La Favola Di Adamo Ed Eva

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La dote più bella di Max Gazzè è quella di saper raccontare fiabe: quel tipo di fiabe dolce-amare che descrivono i sentimenti nel modo che sembra più lecito per l’argomento trattato: vellutato, maliconico ma allo stesso tempo semplice come una leggera brezza estiva.
Il suo lavoro, secondo capitolo dopo “Contro un’onda del mare”, rappresenta alla perfezione questa concezione, sposando il genio degli arrangiamenti del cantautore romano a forme musicali che, alla maniera di Battiato (“L’era del cinghiale bianco” aleggia forte nell’opera), sono allo stesso tempo elaboratissime ma mai ridondanti, anzi, studiate per essere suonate nella maniera più leggera possibile fino ad essere perfette comprimarie di un bellissimo lavoro vocale che unisce la delicatezza all’intelligenza dei testi. Aiutato dalla sua esperienza a 360 gradi (che comprende un passato da bassista progressive, jazz, rock, new wave, soul e chi più ne ha, più ne metta) e dalle collaborazioni di artisti che da sempre ruotano intorno alla scena romana (Mao, Daniele Silvestri, Niccolò Fabi), Max Gazzè riesce ad allineare quattordici pezzi che hanno dell’incredibile dal punto di vista tenico e stilistico pur risultando pieni di cuore quando si parla di melodia; nell’intero lavoro si possono scorgere quelli che poi sono i maestri da tale impegno: dal vago sapore progressivo de “L’origine del mondo” che riprende la magia che fu delle Orme all’incontenibile voglia elettronica – che poi si registra in tutto il disco -di “Raduni ovali” che risente dei graffi soffusi dei CSI, si delinea un disco che di questo eclettismo fa il suo punto di forza, senza per altro scadere mai nel noioso o nel pesante, grazie a testi leggeri ma che non mancano mai di essere ironicamente pungenti (basta citare la forma a missiva di “Cara Valentina”, che passa dal romanticismo di “perché chi s’innamora non deve dirlo a nessuno”, al paradosso ad libitum di “per esempio non è vero
che poi mi dilungo spesso su un solo argomento”
oppure il passaggio in la minore di “una musica può fare lilili lalala maggiore”!) e senza arrivare ad essere nè autocelebrativo, nè fin troppo intellettuale. Non mancano inoltre echi di dub, come ad esempio in “Nel verde” che potrebbe venire direttamente dalle session degli Africa Unite, esempi di scherzosa elettronica in “Colloquium vitae” con Mao, di nostalgico cantautorato in accoppiata a Niccolò Fabi in “Vento d’estate” (uno dei tre singoli scelti per la promozione dell’album) e digressioni orchestrali nella fiabesca “Due apparecchi cosmici per la trasformazione del cibo”.
Non c’è da aver paura a voler affermare che Gazzè occupa un posto tra gli artisti che considerano la musica una vera forma d’arte: ce lo ha dimostrato con quattordici tracce splendide, con una forza che ci scava dentro al cuore e ce lo riscalda.