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E così anche i Papa Roach sono giunti al terzo disco. Dopo il grande successo di “Infest”, buon debutto che conteneva qualche singolo azzeccato, ed il mezzo passo falso di “lovehatetragedy”, il quartetto americano torna alla ribalta con “Getting Away With Murder”, disco prodotto da professionisti di sonorità da FM come Howard Benson e Chris Lord-Alge (già con Blink-182, P.O.D., Hoobastank e Green Day). La band prosegue imperterrita nel percorso intrapreso col disco precedente che aveva spostato il sound dei Papa Roach dal numetal duro e puro ad una sorta di hard rock (che vorrebbe tanto essere) alternativo. Fin qui niente di male, anzi. È pregevole il fatto che un gruppo voglia mettersi in discussione e allontanarsi dal genere che lo ha portato al successo. Il problema sta nel fatto di non sapersi evolvere con un obiettivo ben preciso con il risultato di non sapere né di dolce né di salato. Le coordinate generali dell’intero album sono subito evidenziate dall’opener “Blood (Empty Promises)” che comincia nel punto esatto in cui si era interrotto “lovehatetragedy”: ricerca di melodie vocali vicine al pop, suoni di chitarra ammorbiditi rispetto ai canoni del numetal e arrangiamenti un po’ sterili. Si prosegue sulla medesima linea anche con le successive “Not Listening”, “Stop Looking/Start Seeing” e “Take Me”. Anche la title-track del cd, scelta come primo singolo, non riesce a fare breccia nella mente dell’ascoltatore per più di cinque/sei ascolti. I problemi principali di questo lavoro sono sostanzialmente due e cioè la mancanza di idee originali nel comporre i pezzi e la mancanza di un sound che identifichi il gruppo (la power-ballad “Scars” non sfigurerebbe in un disco dei Good Charlotte e “Be Free” potrebbe essere il nuovo singolo dei Puddle Of Mudd). “Getting Away with Murder” non è in assoluto un brutto album ma non ha longevità perché è un disco che suona come tanti altri e che non riesce (quasi) mai a catturare l’attenzione nonostante la sua breve durata (38 minuti).