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Oggi più che mai i Mouse On Mars assomigliano ad un’orchestra che, come nelle migliori formazioni, ha senso di esistere solo se presa nella sua totalità. Lo spirito destrutturante del duo tedesco di oggi – quello che un tempo faceva prendere ogni tipo di suono uscito da uno strumento per rielaborarlo in un’ottica minimalista e cerebrale – si allontana dalla freddezza matematica e robotica che contraddistingue le uscite elettroniche tedesche per avvicinarsi ad una sorta di pop corretto. Il metodo di composizione, che è il marchio di fabbrica del duo, rimane ovviamente sempre lo stesso: è la struttura a cambiare, non più improntata alla ricerca di un’estetica minimalista come poteva essere in “Instrumental” o alla classe ipnotica del loro “Idiology”, ma alla deriva verso strutture pop rasenti la dancefloor, tutte completamente incentrate sulla ritmica che sembra la struttura portante di questo lavoro (e che, bisogna dire, è giostrata in modi a dir poco eccezionali): è così che allora ci si trova davanti ad un pastiche sonoro nel quale gli Air diventano robot tedeschi (“Mine Is In Yours”), dove Prince viene remixato dai Kraftwerk e fatto scendere in pista dai Daft Punk (“Blood Comes”), dove i Massive Attack si fondono col funky (“The End”), dove convivono le ritmiche sincopate e spezzate in un gioco che ricorda la costruzione hip hop (“Spaceship”, “All The Old Powers”), e uno spiccato senso di dancefloor dal sapore europeo intriso di folk, lounge, ambient, IDM, dub, post-rock fino alla techno, in un disco che sembra unire i fanatici dell’elettronica ad ascoltatori catchy d’occasione.
La cosa che più stupisce è come questo “Radical Connector” sia da una parte la cosa più vicina al genere canzone, verso il quale il duo non si era avvicinato mai più di tanto, e allo stesso tempo dall’altra, come possa essere fucina di così tanti stili elettronici; i Mouse On Mars hanno avvicinato due mondi in un suono complesso a mò di labirinto ed allo stesso tempo semplicissimo, dando alle stampe un lavoro molto personale che riesce continuamente a tenersi su giudizi più che buoni.