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A partire dai primi anni del decennio scorso dagli USA arrivò un nutrita e agguerritissima legione di enfant prodige del blues; adolescenti, in qualche caso bambini, che sorpresero tutti con una tecnica chitarristica di prim’ordine e con una buona dose di personalità. Soprattutto impressionò il fatto che questi ragazzetti non si buttarono sui generi allora di moda come il new metal ma si cimentavano in un sano rock blues. Tra i tanti, tre in particolar modo giunsero agli onori della cronaca guadagnandosi parole importanti da grandi personaggi e critici di fama. Erano Jonni Lang, Shannon Curfman e Kenny Waine Sheperd. Lang è ritornato l’anno scorso dopo un lungo silenzio con un disco a dir poco orribile che personalmente candido tra i più brutti che abbia mai sentito; La Curfman ha annunciato da oltre un anno l’uscita del suo nuovo disco ma ancora non se ne sa nulla; ora è invece venuto alla luce dopo ben un lustro di silenzio il nuovo lavoro di KWS. Il nostro quando esordì fu paragonato da molti all’immenso SRV, tanti furono quelli che videro in lui il vero erede del mai troppo compianto texano. Kenny a dire il vero non somigliava molto a Stevie nel modo di suonare ma sfoderava comunque un’ottima tecnica e un bel feeling con lo strumento, aveva la pecca di non cantare ma si disse che per uno che suonava così bene la cosa era poco importante. Personalmente ho sempre parlato bene di Shepherd ma ho anche sempre detto che prima di fare certi paragoni era meglio aspettare: questo valeva per lui e anche per gli altri giovani prodigi della sei corde, molte sono le insidie che attendono un ragazzino che ha raggiunto (troppo?) presto il successo. Jonni Lang con il suo orrendo “Long Time Coming” mi diede ragione, ma leggendo le cronache sulla sua vita nel periodo precedente alla pubblicazione del disco era facile immaginarsi cosa sarebbe successo. Lang era diventato un ragazzo viziato sempre immortalato con personaggi del mainstream più becero. Per KWS invece le cose sono andate diversamente, in questi anni di silenzio discografico il nostro ha suonato molto con i Double Trouble e raramente è stato tirato nel fango del gossip. La cosa mi faceva ben sperare. Fiducioso metto su il dischetto di questo “The Place You’re In” e subito capisco a cosa mi trovo di fronte: Pensavo fosse difficile fare peggio di Jonni Lang ma mi sbagliavo e di grosso. Delle 11 song che compongono questo album non ne salvo mezza. Non c’è più traccia del debordante rock blues degli inizi, al suo posto compare uno squallido e banalissimo hard rock all’acqua di rose. Kenny inoltre canta in quasi tutte le song e francamente faceva meglio a mettersi un cerotto sulla bocca. Della sua tanto celebrata tecnica chitarristica non si sente nulla o quasi, si qualche assolo qua e là ma è roba da poco e poi, orrore degli orrori, compare anche un duetto con Kid Rock. Volete che vi parli delle canzoni? Francamente eviterei ma penso che sia mio dovere mettervi in guardia in tutti i modi dall’acquisto di questo disco. KWS gode di un buon credito verso gli appassionati per cui è probabile che molti comprino l’album a scatola chiusa. Cito a caso qualche titolo tanto per farvi capire cosa vi aspetta qualora decidiate di non darmi ascolto. “Ain’t Selling Out” è una orribile hard rock song con voce leggermente filtrata, la title track sembra uscire dal song book degli ultimi Metallica e questo da solo la dice tutta. “Believe” vede il ritorno alla voce di Noha Hunt che non sarà un campione ma canta certamente meglio di KWS. La ballata comunque è da latte alle ginocchia, anche qui la mente corre veloce ai Metallica più recenti. L’opener “Alive” è ancora una hard metal song di quarta categoria, cantata in modo indecente senza un filo di fantasia, di canzoni così ne sentite 100 al giorno su qualsiasi radio o tv commerciale. “Hey, What Do You Say” è ancora una ballad, questa volta si opta per il semiacustico e le cose peggiorano ancora, sembra di essere alla “fiera del banale e del radio friendly”. “Spank” è il già citato duetto con Kid Rock per cui soprassediamo. Manca qualche titolo ma penso che basti così. Questo è un disco che può piacere al massimo a qualche quattordicenne innamorato di Metallica e cose simile, mi riesce difficile pensare che una persona con un minimo di maturità e di conoscenza musicale possa trovare anche una sola cosa buona in questo album. Come feci l’anno scorso nello stroncare Jonni Lang, ripropongo il paragone con Joe Bonamassa, altro ragazzo prodigio: allora aveva da poco pubblicato lo splendido “Blues Deluxe”, ora, proprio in concomitanza con l’uscita del “disco” di Sheperd, Joe esce con il suo nuovo e bellissimo album e ancora una volta il confronto è naturale e impietoso. Forse KWS e Jonni Lang faranno molti più soldi di Bonamassa, ma Joe certamente potrà guardarsi allo specchio senza vergognarsi e andando fiero del suo lavoro, gli altri due…beh contenti loro..noi che amiamo il vero rock, la vera musica da oggi li guarderemo in tutt’altro modo, se avevano un credito entrambi lo hanno esaurito totalmente; non basterà una piccola marcia indietro per riguadagnarsi il rispetto degli apapassionati perchè, sia questo che quello di Lang, non sono solo dischi veramente brutti ma sono delle vere marchette discografiche, la cosa più odiosa che esista.