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Passiamo subito al sodo: il nuovo lavoro di Manuel Agnelli un po’ di paura la mette. E non stiamo parlando dei testi più cattivi, non delle inquietudini che traspaiono dal disco, non del largo spazio dato al violino e neanche vogliamo dire che Greg Dulli ha stravolto tutte le sonorità, perché non sarebbe per nulla vero. Ma torniamo un po’ su: sì, avete letto Manuel Agnelli, e non Afterhours, e con ciò voglio affermare la mia crescente sensazione ad ogni ascolto: questo disco talvolta sembra essere un lavoro solista. Ma a prescindere da questo, che può avere i suoi pregi e i suoi difetti (e non pensate che in questo disco gli uni superino gli altri, perché sono in perfetta parità), Ballate Per Piccole Iene mette quella soggezione che hanno ormai le opere ben definite. Che vuol dire questo? Semplicemente che, il percorso iniziato con “Quello Che Non C’è” è qui portato al termine, sigillando nella pietra un’identità ormai affermata da più di quindici anni: e questo, se da una parte finalmente regala una personalità indiscutibile al gruppo (sempre se ce ne fosse bisogno), dall’altra fa si che il suono Afterhours diventi lo stereotipo di sé stesso, che, bene o male benché con costruzioni diverse, si ripete ormai di disco in disco. Ma forse è troppo presto, meglio chiamarlo “sound definito” che, grazie alla traccia-ponte “Ballata per la mia piccola iena”, riallaccia e fa diventare coeso il discorso alle spalle. Discorso che strizza l’occhio sia alle produzioni più recenti che a quelle passate; e anche qui ritorna il sospetto di questa “attitudine riciclata”: “Ci sono molti modi” e “Carne Fresca” hanno il mood di “Non E’ Per Sempre”; come poi “Chissà Com’è” – coperta da un arrangiamento d’archi – e il “Sangue Di Giuda”, molte volte richiamano l’attitudine che credevamo persa di “Hai Paura Del Buio?”; fino ad arrivare al “passato remoto” con una “La Vedova bianca” che richiama da moltissime parti i migliori Velvet Underground.
Certo, c’è da essere onesti e citare una bellissima “La Sottile Linea Bianca” forte di ritmo claustrofobico e un arrangiamento di violino che si dipana tra le trame dilatate della chitarra, o ancora lo sforzo degli Afterhours di arrivare a livelli internazionali e comunque tributargli il merito di aver costruito un album che è veramente affascinante. Dobbiamo citare la scrittura di Manuel Agnelli che risulta sempre di una forza travolgente. Citare infine una dolcissima “Il compleanno di Andrea”, che insieme alla traccia che apre l’album sono le vere sorprese del lavoro, e che finalmente centrano quelle sonorità troppo disperse con l’album precedente. Però qualche sospetto e qualche paura lasciatecele avere.
Autore: Simone Dotto
E’ così che va a finire, allora? Voglio dire, nessuno ha mai preteso il lieto fine, specialmente da chi l’aveva detto fin dal principio che la vita non è miele, ma tutto questo brucia davvero troppo per essere ascoltato tutto d’un fiato! L’opera degli Afterhours arriva al suo capitolo più doloroso e abrasivo: il momento di resa di “Quello che Non C’è” non era sporadica quiete riflessiva, ma la base per un discorso più approfondito e tutt’altro che ottimistico sulla nostra vitaccia. Se il periodo dei lavori che qualche rivista in futuro potrà definire come gli “Indispensabili” è finito per Manuel & Co., gli esami a cui la band sottopone se stessa e il suo ascoltatore redivivo non sembrano terminare, anzi sono sempre più duri: si tratta di superare una volta per tutte la mediocrità, cominciando a prenderne atto, a coglierla in flagrante lì, dentro di voi, voi che l’avevate sempre rifiutata, criticata, derisa. Non è più tempo di sarcasmo e di ironia, nemmeno quella al vetriolo contro il perbenismo, ora si fa sul serio, ora la vittima della tua carneficina irriverente sei tu e tutto il mondo. Ci avevi sempre girato attorno, forse in cuor tuo l’avevi sempre saputo ma ora sentirlo a chiare lettere fa un effetto devastante, corrosivo, estremamente doloroso: “nel tuo piccolo mondo, tra piccole iene, anche il Sole sorge solo se conviene” ed è questa la verità, caro mio. Non vorrai essere tu a cambiarlo? Non crederete ancora a tutte quelle stronzate sull’eroe della moralità, sul paladino degli ideali che salva il mondo dalla corruzione dilagante ?!? Cazzate, ragazzi miei, rendetevene conto al più presto, anche se vi sentite disgustati, anche se sapete che qualcosa non va, beh quel qualcosa continuerà a non andare. E qualora ve ne foste già resi conto, probabilmente siete in una posizione privilegiata rispetto alla massa, che, comunque sia, non vi consente di sfoggiare il costume da Supereroe evitando di essere patetici; i porci sotto di voi stanno scrofanando nell’ultimo fango nel modo più veloce e verace a loro possibile, ciechi di fronte all’arrivo della mannaia che renderà vana qualsiasi selvaggia corsa per accaparrarsi un’ultima mela marcia. Scendi dal tuo piedistallo ed unisciti a loro nell’immensa libidine di chi gioca a perdere, di chi sa di andare verso l’apocalisse e non curarsene affatto anzi, vuole promuoverla, accelerarla, edulcorarla di qualcosa di mitologico, tragico, un eroico finale melodrammatico: “Sii perfetto, quando cadi…è la fine quella più importante”.