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Rick Rubin sembra averci preso gusto. Dopo la geniale collaborazione che ha riportato in auge Johnny Cash, consentendogli di chiudere la carriera con la fenomenale quadrilogia degli American Recordings (e siamo sempre in attesa del Vol. V, in uscita il quattro di luglio), il grande produttore ha deciso di puntare su un altro grande della scena USA, il solitary man per eccellenza: Neil Diamond, un altro che da troppo tempo non dava alle stampe un disco degno di nota.
Registrato in studio dal vivo, ’12 Songs’ vuole riproporre le atmosfere dei Recordings di Cash, tanto che Rick Rubin sfrutta alcuni eccellenti musicisti già impiegati con l’uomo in nero e ripropone la formula del duetto con tanto di special guest, regalandoci una notevole “Delirious Love” in cui Neil duetta con nientemeno che Brian Wilson, un altro artista che sembra aver scoperto il segreto della seconda giovinezza. Insomma, una formula vincente non si cambia e Rubin non si fa certo problemi a riproporla.
Fare ulteriori paragoni con Cash può sembrare ingiusto nei confronti di Neil Diamond, però le scelte di produzione e le atmosfere che si vogliono ricreare in quest’album ci costringono a farlo. ’12 Songs’ è un buon album, ma non riesce ad assurgere ai livelli d’eccellenza raggiunti dagli ‘American Recordings’. Certo, vi sono brani davvero ben riusciti: “Oh Mary” colpisce subito per la sua dolcezza ruvida e la forza evocativa della voce di Neil, la già citata “Delirious Love” lascia il segno con quella sublime slide, “Captain of a Shipwreck” pare un brano del Cat Stevens dei bei tempi portato miracolosamente nel nostro secolo mentre tutto il resto… piace, è fuor di dubbio, ma non lascia il segno, con brani come “Hell Yeah” o “Man of God” che ci restituiscono un Neil Diamond tutto sommato stanco e convenzionale.
Cosa dire in definitiva di ’12 Songs’? Che è un buon disco che gli appassionati di Neil Diamond apprezzeranno, perché così ispirato non lo si sentiva da tempo ormai immemore – i più critici dicono dal 1972, con ‘Moods’ – e che tutto sommato può provare ad ascoltare anche chi volesse far conoscenza dell’uomo solitario del country rock. Chi invece si accostasse a quest’album sperando in dei nuovi ‘American Recordings’ lasci perdere: Neil Diamond non è Johnny Cash, nonostante le atmosfere siano simili lo stile di Neil è più intimista e meno carismatico, ma ovvie diversità di stile a parte, ’12 Songs’ non ha la completezza e i brani capolavoro contenuti nei testamenti di Cash, ma “solo” un buon album che non mantiene le ottime premesse. I capolavori di Neil Diamond sono altri, però fa indubbiamente piacere ritrovarlo in forma.