Herman Dune – Giant

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Non dovrei nemmeno cominciare a scriverla questa recensione, tanto so già come andra a finire. La leggerete, sorriderete, i più avveduti e curiosi tra voi si appunteranno magari anche il nome di questi bizzarri svedesi dal monicker tanto sfizioso, ma poi, qualora per caso vi imbattiate in questo disco lo lascerete a prender polvere sullo scaffale del vostro spacciatore di musica, ammettetelo. Magari per mettervi in casa The Kooks ed assaporare l’ebbrezza del momento. Bravi! E intanto i fratelli David e Andrè-Ivar, nonostante sette dischi uno più bello dell’altro, magari si arrangiano ancora tra polizze assicurative e call center per sbarcare il lunario, quando con i vostri venti euro ci comprerebbero un nuovo ukulele e, potete giurarci, ne caverebbero fuori l’album della vostra vita.
Penserete che sia la solita folgorazione indie-pop, i soliti cesellatori sopraffini di melodie confondibili con altri cento e passa, vero? Vi sbagliate alla grande; il dramma è che ai nostri non difetta certo la personalità e anche una certa capacità di cambiare contesti ed atmosfera tra un’uscita discografica e l’altra. Quest’ultimo ‘Giant’ ce li mostra nella veste più smaccatamente folk, quando il precedente episodio li vedeva addobbati di stracciate vesti lo-fi); ad esempio molti pezzi partono con una flebile voce a guidare chitarrine malmesse, haiku sonori che sanno di Donovan fino a quando non irrompe un bizzarro Calypso, un battimani incontrollato, una strana impennata R’N’B o quanto la fervida immaginazione pop dei nostri non decida di fare decollare. Talvolta ci riportano ai Love senza orchestra ma con tanta “frontiera” nel cuore (se non è il Messico è Schengen..). Quanta grazia in queste canzoni, fatte di poche e sacrosante verità e puranche autoironiche, ma per chi? E non mi illudo neppure quando frugando sul web mi accorgo che un celebre sito ci permette di scaricare alcuni loro brani come suonerie (e giuro, se non fossi affezionato a “4.33” di Cage correrei a spenderci tutto il mio credito). Non lo farete nemmeno voi, che delusione, sapeste quanta bellezza alligna su questo lago nascosto! E allora per dispetto non vi farò il nome di nessuna canzone di questo disco, altrimenti andreste a scaricarvela per vantarvene al bar sotto casa,vero? E ora, se me lo permettete, vado… non vorrete che faccia tardi al concerto della cover band dei Babyshambles per raccontarvi di questi pitocchi!